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martedì 18 giugno 2019

I magnifici 7

I magnifici 7 è un film western dell'ormai lontanissimo 1960 diretto da John Sturges con Yul Brynner, Steve McQueen e Charles Bronson, che ai tempi contribuì a fare la storia del genere. Non si trattò, comunque, di un'opera originale, in quanto fu un riadattamento di una delle più grandi opere di Akira Kurosawa, I sette samurai, del 1954, con Takashi Shimura. Va detto, Kurosawa fu il regista più saccheggiato da Hollywood per la produzione di pellicole di genere western.
Oggi, una Hollywood perennemente a corto di idee, l'ha riproposto e rivisitato, con un cast stellare, composto Denzel Washington, Chris Pratt, Ethan Hawke e Vincent D'Onofrio, affidandone la regia ad Antoine Fuqua.

I magnifici 7, l'attuale remake del 2016, è una pellicola di oltre 2 ore (non che i film di Sturges e Kurosawa fossero inferiori...) con scenari da brivido, personaggi azzeccati, anche se un po' tagliati con l'accetta, sparatorie e scene di violenza piuttosto crude, alcune scelte politiche e alcuni inevitabili difetti.
Partiamo come sempre dalla trama, che è in questo caso abbastanza nota.
Il villaggio di Rose Creek viene preso di mira dal potente e privo di scrupoli Bartholomew Bogue (Peter Sarsgaard) che intende sfruttare il territorio per l'estrazione dell'oro. Bogue, supportato dai suoi sgherri, vuole acquistare tutte le proprietà per pochi spiccioli, minacciando di morte chi non è d'accordo. E per essere più incisivo, si presenta subito malmenando e uccidendo qualche abitante e incendiando la chiesa cittadina in costruzione.
Emma Cullen (Haley Bennet), giovane moglie di un uomo ucciso da Bogue, va quindi alla ricerca di qualcuno che li possa proteggere e, magari, vendicare la morte del marito. E così trova Sam Chisolm (Denzel Washington), un delegato di giustizia abile, determinato e senza paura. Emma porta in dote i pochi risparmi degli abitanti di Rose Creek, ma è la sua disperazione per l'ingustizia subita a convincere Sam.
Siccome Bogue è in grado, grazie ai suoi soldi, di avere a sua disposizione un esercito, Sam deve reclutare altri soggetti che possano affincarlo in questa missione impossibile. E così nascono i magnifici 7. Del gruppo faranno parte Josh Faraday (Chris Pratt), un giocatore d'azzardo alcolizzato molto abile con le pistole, il veterano della guerra di secessione Goodnight Robicheaux (Ethan Hawke), cecchino imbattibile, il suo assistente giapponese Billy Rocks (Lee Byung-hun), maestro nell'uso di coltelli, il messicano Vasquez (Manuel Garcia-Rulfo) ricercato per omicidio e letale pistolero, l'esporatore Jack Horne (Vincent D'Onofrio) ex cacciatore d'indiani e il mestorioso e silenzioso comanche Red Harvest (Martin Sensmaier).
Il resto sono sparatorie, combattimenti, ma anche momenti in cui i 7 si conoscono fra loro e conoscono gli abitanti del villaggio.
I magnifici 7 è una pellicola che alterna momenti frenetici e violenti a forti rallentamenti. Una pellicola che regge fino alla fine, ma alla quale forse manca qualcosa, a causa probabilmente della regia senza fronzoli di Fuqua. Una pellicola che per certi versi vuole riprendere le atmosfere e i temi dei tipici film western, genere oggi un po' fuori moda, ma che al contempo cerca anche di rivoluzionarne gli schemi. Perché non sono poche le differenze sicuramente volute con la pellicola di Sturges.
Intanto l'antagonista. Ai tempi del primo film il villain era un generico bandito messicano a capo di una banda di criminali che minacciavano un villaggio di contadini. Nel film giapponese di qualche anno prima, invece, la minaccia derivava da dei generici predoni. In questo caso, invece, al villain è stata data una connotazione ben più definita. Bogue è un affarista spietato, uno di quei soggetti destinati a diventare i potenti della futura nazione, un soggetto, però, che fonda il suo potere sulla violenza. Abbiamo questa volta il capitale senza regole che sfrutta tutto ciò che può sfruttare. Bogue si pone quasi come se il suo capitalismo fosse divino, al punto da bruciare la chiesa del villaggio, come a diure che è lui a rappresentare la volontà di Dio, non il pastore del villaggio. Una curiosità: non credo siano molti i film western, vecchi o nuovi, in cui una chiesa viene data alle fiamme.
E poi c'è il capo dei 7 che è... nero! L'attore scelto per interpretare il motore trainante dei pistoleri è di colore e fra l'altro, pur essendo tutti i magnifici personaggio borderline, al limite fra il bene e il male, anzi, spesso più di la che di qua, il loro capo, il bravo Washington, è una delegato di giustizia (qualunque cosa significhi, una sorte di cacciatore di taglie governativo). E' un rappresentante della legge, di colore! Non credo che in quegli anni ci siano stati molti delegati di giustizia di colore. E anche la composizione del gruppo è piuttosto multietnica, comprendendo un messicano, un indiano e un orientale. Un po' come se Fuqua avesse voluto sì fare un western con forti richiami al passato, ma ispirandosi al presente.
Totalmente ignorato da Fuqua (e anche da Richard Wenk e Nic Pizzolatto, che sono i due sceneggiatori), invece, è il rapporto fra i sette e gli abitanti del villaggio, tema ampiamente utilizzato nell'originale del 1960 e nel primo film giapponese del 1954. Se nelle altre due pellicole questo rapporto è tutt'altro che pacifico, qui il tema non viene toccato.
Nel complesso non sembra del tutto scontato e il film non lo chiarisce, come i sei disgraziati arruolati da Sam finiscano per intraprendere quest'impresa quasi sicuramente suicida senza battere ciglio. Probabilmente perché si tratta di soggetti tutti senza particolari alternative, uomini già condannati che forse cercano in quest'impresa una sorta di redenzione (colui che più li descrive è il Jack Horne di Vincent D'Onofrio), lascia comunque un po' stupiti vedere che tutti e sei, pur non essendo degli stinchi di santo, anzi, passino senza remore a difendere gli oppressi dal male capitalista.
E' difficile parlare di questo film senza tirare in causa quello del 1960 e quello di Kurosawa (e infatti l'ho fatto!) e ancora più difficile è fare paragoni fra pellicole così lontane fra loro nel tempo, per cui non mi avventurerò nella pericolosa salita che porta a dire quale sia meglio. Sicuramente questo nuovo western è un film con una sua anima e nel complesso un buon prodotto. Costato ben 90 milioni di dollari, ne incassò pochi di più (93) negli Stati Uniti e appena 69 nel resto del mondo, pagando forse il fatto che il genere attualmente tira poco al botteghino.
Eccolo...

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