Di base le serie tv non mi fanno impazzire. Ne ho viste eh, però richiedono un impegno che non fa per me.
Però è successo che una di queste sere non sapevo cosa fare, non avevo il tempo per guardare un film e mi sono messo a cercare una serie interessante e così mi sono imbattuto in questa The end of the f***ing world e sulla sua bizzarra presentazione della trama: "stanco di uccidere solo animali, il diciassettenne James progetta un primo omicidio, ma viene colto di sorpresa dalla sfrontata Alyssa, appena arrivata a scuola".
Un altro elemento mi ha fatto votare a favore di The end of the f***ing world: la durata. Due stagioni da 8 episodi l'una, della durata di circa 20 minuti. In pratica questa serie dura complessivamente come due film lunghi. Come Infinity War ed Endgame messi insieme. Perfetto per il binge watching, fermi la visione quando vuoi e ne guardi quanto vuoi. Sono lontani i tempi in cui non esistevano le piattaforme e le serie in prima serata mandavano in onda un episodio a settimana e quelle pomeridiane che c'erano tutti i giorni, trasmettevano gli episodi tutti incasinati.
Ultimo elemento a favore è che The end of the f***ing world è una serie fatta e finita. Una trama che si dipana in due stagioni e basta. Che non fa come quelle serie che vanno avanti all'infinito, finché il pubblico regge, per poi procedere inesorabilmente verso un declino progressivo. The end of tha f***ing world sa cosa vuole dire e dice quello.
E insomma, ho iniziato a guardarla, senza troppe pretese, ma abbastanza stuzzicato. E subito ha funzionato.
Si parte subito da uno dei due protagonisti, James (Alex Lawther), che è un vero psicopatico con istinti criminali. Un diciassettenne anaffettivo con l'aspetto di un nerd, ma un solo obiettivo nella testa: uccidere un essere umano! Fin'ora ha ucciso solo animali, fra l'altro sgozzandoli e sta progettando di alzare il livello. Poi arriva la protagonista femminile, Alyssa (Jessica Barden), diciassettene anche lei, ribelle, irriverente, incostante e a tratti insopportabile e anche un po' ninfomane, pur essendo ancora vergine.
Uno è ciò che è per un trauma infantile e l'altra è ciò che è per una carenza d'affetto familiare. Due personaggi estremi nell'essere ciò che sono, una coppia improbabile che si trasforma nella coppia perfetta. Una specie di Bonny e Clyde adolescenti e un po' sfigati in fuga dalla vita quotidiana e in viaggio senza una meta troppo precisa. Una storia on the road sui generis. Due disperazioni che s'incontrano e a volte si scontrano. Si lasciano, ma non possono fare a meno di reincontrarsi, perché attirati l'uno dall'altra come la calamita dal ferro.
Il tutto in una commedia nera, in cui si ride, perché alcuni episodi dell'avventura di James e Alyssa fanno ridere, ma è spesso una risata amara, perché in genere le cose non vanno a finire poi così bene.
E poi c'è lo stile.
I due registi, Jonathan Entwistle e Lucy Tcherniak ce la mettono tutta per confezionare dei capitoli perfetti. Intanto non c'è un solo punto di vista, ce ne sono due, quello di James e quello di Alyssa e spesso si mischiano. E questo lo capiamo con l'esternazione dei pensieri. Infatti non sentiamo solo le frasi pronunciate da James e da Alyssa, ma anche i loro pensieri, che danno una chiave di lettura di ciò che si vede spesso ben diversa da ciò che si potrebbe intuire solo da ciò che dicono. Un espediente che parte col primo episodio della prima stagione e continua fino all'ultimo episodio della seconda stagione, senza stancare e senza diventare ripetitivo. Questa scelta di esplorare i due punti di vista è accentuata anche dal fatto che a volte alcune scene vengono addirittura mostrate due volte, prima come le ha vissute un personaggio e poi come le ha vissute l'altro.
A condire questa scelta stilistica si aggiunge anche una narrazione non lineare, in cui assistiamo a certe situazioni e solo dopo un po' ci viene fatto capire come ci si è arrivati, tornando indietro di un po' di tempo.
Ogni episodio è sufficientemente intenso e denso di avvenimenti e molto spesso termina con un cliffhanger. Cosa che spinge ancora di più verso il binge watching. Tanto cosa vuoi che sia, al massimo sono altri 20 minuti.
E poi quel finale tragico della prima stagione... Vabbè, non scrivo altro. Comunque un finale praticamente perfetto per questa commedia drammatica che quasi sembra auspicare un finale di quel tipo. Perché a un certo punto solo il dramma estremo può coronare questo tipo di film.
E poi c'è la seconda stagione.
Non so se nella testa degli autori ci sia stata fin da subito una seconda stagione (da quello che ho capito non credo) o se l'idea di continuare sia arrivata strada facendo. Anche perché la prima stagione aveva un finale che poteva anche essere definitivo. Ma comunque una seconda stagione è arrivata.
Se quello che ho scritto fin qui vi ha convinto a guardare questa serie, vi consiglio vivamente di fermarvi qui, perché è impossibile parlare della seconda stagione senza fare spoiler. Anche perché nel finale della prima stagione succede una cosa che non vediamo e capiamo cos'è successo solo nella seconda. E sia nel trailer, sia nella prima puntata della seconda stagione sono stati molto bravi a non farci capire cosa sia successo.
Come al solito ho avvisato, poi fate voi.
Ripeto, da qui in avanti ci sono spoiler clamorosi. Soprattutto uno della prima stagione.
Lo stile resta sempre lo stesso. E, devo dire, resta originale e non stanca.
Però i personaggi cambiano completamente. Sono trascorsi due anni e James probabilmente non è più uno psicopatico o almeno non com'era nella prima stagione. Ora è diventato uno strambo solitario, con un'idea ben precisa, ma nello stesso tempo confusa di ciò che vuole. E anche un po' frignone. E Alyssa non c'entra quasi più nulla con l'irriverrente ragazzina della prima stagione. Ora è lei l'anaffettiva, che deve fare i conti con un trauma non superato. A questi due "nuovi" James e Alyssa si aggiunge Bonnie (Naomi Ackie), una sorta di "antagonista", che in un certo modo partecipa anche lei al nuovo viaggio on the road e anche lei non scherza affatto in quanto a problemi mentali. Fra l'altro sembra che nell'Inghilterra descritta in questa serie non se ne salvi uno. Tutti hanno dei problemi mentali! Anzi, è l'intera Inghilterra descritta in questa serie che è molto lontana dall'Inghilterra iconica che tutti abbiamo in testa.
Devo dire che la seconda stagione all'inizio mi ha spiazzato e mi ha fatto storcere il naso, perché io volevo vedere una storia come quella che avevo visto nella prima stagione. Ma sarebbe stato un remake, anzi, per l'esattezza un requel, una fotocopia in bianco e nero di quanto già visto. E quindi questo stravolgimento finisce per essere funzionale alla trama e tenere alto l'interesse. Perché sì, vuoi proprio vedere come va a finire.
La prima stagione ha debuttato nel Regno Unito nel 2017, quando Alex Lawther e Jessica Barden avevano rispettivamente 22 e addirittura 25 anni, ma ugualmente il loro aspetto rende bene nei panni di due adolescenti diciassettenni. Fra la trama della prima stagione e quella della seconda stagione trascorrono 2 anni e quindi i protagonisti hanno 19 anni. E due anni trascorrono anche nella realtà, dato che la seconda stagione ha debuttato nel 2019 quando gli attori avevano rispettivamente 24 e 27 anni. Ecco, se Alex Lawther e Jessica Barden prima erano stati perfetti nei panni dei due diciassettenni, nella seconda stagione sono invecchiati un po' troppo per essere credibili. A meno che ciò non sia voluto, per far capire, anche esteriormente, quanto la vita li abbia provati.
Dai, se siete arrivati fin qui, non vi resta che guardarla. Ma spero che vi siate fermati quando ho scritto che iniziavano gli spoiler!

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