mercoledì 11 gennaio 2017

Lo chiamavano Jeeg Robot

Come non scrivere qualcosa in questo blog sul meraviglioso Lo chiamavano Jeeg Robot di Gabriele Mainetti, con Claudio Santamaria, Ilenia Pastorelli e Luca Marinelli? Attenzione, stiamo parlando di un film italiano con personaggi con superpoteri. In Italia escono anche buoni film, non voglio fare il catastrofista, anzi, ma questo è proprio fuori dai canoni italiani. Il regista, il poliedrico Gabriele Mainetti è in pratica un esordiente. Prima di questo lungometraggio aveva realizzato numerosi cortometraggi (di cui uno ispirato a Lupin e uno all’Uomo Tigre…), aveva composto le musiche dei suoi cortometraggi e di opere non sue e aveva recitato in vari film, in serie TV e a teatro. Finalmente ha avuto l’occasione per dirigere un lungometraggio, di cui è anche il produttore, e non l’ha gettata via.
Veniamo alla trama. Siamo a Roma, nella frazione degradata di Tor Bella Monaca e vediamo fin da subito le vicende di Enzo Ceccotti (Claudio Santamaria), un disadattato, con difficoltà a comunicare col prossimo, che trascorre le giornate a compiere piccoli furti e a guardare film porno nel sudicio appartamento in cui vive da solo. Proprio all’inizio del film, partendo da un’inquadratura dall’alto di Roma, arrivamo a Enzo che dopo aver rubato un orologio sta scappando.
Enzo, per non farsi prendere si butta nel Tevere e casualmente finisce dentro un barile contenente non ben specificati liquami neri, oleosi e radioattivi. Dopo una notte di febbre e malori si risveglia completamente sano e dotato di superpoteri. Anche se lo scoprirà pian piano, i misteriosi liquami lo hanno dotato di una forza e una resistenza sovrumane. D’accordo, è una colossale cazzata. Però, se al cinema accetto di vedere uno scienziato che, dopo essere stato investito da delle non ben identificate radiazioni gamma prodotte da una bomba da lui stesso inventata, si trasforma in un fortissimo e invulnerabile gigante verde, devo accettare anche la storia di Enzo Ceccotti. Se concediamo le cazzate a Hollywood, perché non a Cinecittà?
Enzo, ancora ignaro dei suoi poteri, viene scelto da Sergio, che vive nel suo stesso palazzo ed è uno dei criminali della banda dello Zingaro (Luca Marinelli), per recuperare la cocaina portata in Italia da due extracomunitari che ne hanno ingerito degli ovuli. Qui Enzo conosce la figlia di Sergio, Alessia, una ragazza che, dalla morte della madre, ha avuto delle gravi turbe psicologiche e non riesce più a distinguere la realtà da un mondo di fantasia costruito sulla sua passione, l’Anime Jeeg Robot d’acciaio. Alessia è anche una ragazza che, come si scoprirà in seguito, ha dovuto subire gli abusi sessuali prima del padre e poi degli assistenti che si sono occupati di lei. Il recupero della cocaina, però, non andrà nel verso giusto. Uno dei due corrieri muore per overdose, probabilmente a causa dell’apertura di un ovulo di cocaina nello stomaco e l’altro uccide Sergio e ferisce Enzo, facendolo precipitare dal palazzo in costruzione all’interno del quale doveva avvenire il recupero della droga. Enzo, rimasto illeso grazie ai suoi superpoteri, torna a casa, dove trova Alessia che, non vedendo tornare il padre, lo sommerge di domande. Alessia verrà anche minacciata dallo Zingaro, un criminale violento e psicopatico malato di manie di grandezza, che teme che Sergio l’abbia tradito e sarà proprio Enzo a doverla salvare.
Da questo punto il film inizia a ruotare attorno ai tre deliranti personaggi, Enzo, Alessia e lo Zingaro. Enzo è e resta un piccolo delinquente, per cui, appena si rende conto di avere dei super poteri, li utilizza per fare ciò che ha sempre fatto e sradica un bancomat. Il furto, però, non va a buon fine, perché il bancomat è dotato di un dispostivo che in caso di furto macchia le banconote di indelebile vernice blu. Lo stralunato e confuso Enzo si ritrova, inoltre, a doversi occupare della fragile Alessia, sempre più persa nel suo mondo e che inizia a vedere lo stesso Enzo come un eroe dei cartoni animati che guarda con ossessione. Dall’altra parte c’è lo Zingaro che pensa sempre più in grande e vuole fare il botto, ma deve guardarsi dal gruppo dei napoletani, cui deve rendere conto dell’affare andato a male della cocaina. Nel mezzo c’è l’improbabile storia d’amore fra Enzo e Alessia. Se da un lato Enzo inizia a trasformarsi nell’eroe, anzi, nel supereroe che Alessia vede in lui, dall’altro lo Zingaro, resosi conto dei superpoteri di Enzo, desidera poterli acquisire anche lui e diventare una sorta di supercriminale. Alla fine lo scontro fra i due è inevitabile.
Lo chiamavano Jeeg Robot è un film che funziona e regge dalla prima all’ultima scena. Perché?
Perché la storia, al netto di qualche suddetta cazzata è credibile e sufficientemente robusta. Perché il regista, seppur esordiente, è un vero regista, che non ha paura a osare e non ha il complesso d’inferiorità che possono avere certi registi non americani. Perché gli attori, probabilmente proprio perché ben diretti, sono magnifici. Si parte da Claudio Santamaria, sicuramente il più esperto, con oltre trenta pellicole dietro le spalle, nelle quali ha interpretato personaggi di tutti i tipi. Santamaria si cala alla perfezione nei panni del balordo Enzo e, insieme a lui, ne viviamo la trasformazione da piccolo criminale di periferia a vero e proprio supereroe. Poi c’è Ilenia Pastorelli, la scommessa del regista, che prima di questo film poteva “vantare” solamente la partecipazione a un’edizione del Grande Fratello. Ilenia sembra nata per dare voce e corpo alla fragile pazzia di Alessia. Vedremo se in futuro riuscirà a emergere anche in altre parti. E infine c’è la vera rivelazione del film, Luca Marinelli. Di dieci anni più giovane di Santamaria, con molta meno esperienza sul grande schermo, ma con vari passaggi in TV e a teatro, dà vita al meraviglioso personaggio della Zingaro, folle, psicotico, psicopatico, delirante, sadico, violento ed egocentrico.
Lo chiamavano Jeeg Robot è stato girato con un budget di appena 1,7 milioni di Euro (e spesso si vede che il regista ha dovuto arrangiarsi con quello che aveva) e, seppure pubblicizzato e distribuito poco e male, ne ha incassati 5, ha vinto 8 David di Donatello, più altre 9 candidature e innumerevoli altri premi minori italiani e non.
Speriamo che Mainetti abbia aperto la strada a un nuovo cinema di genere italiano.

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