William Golding, Premio Nobel per la letteratura nel 1983, nacque e crebbe in una famiglia politicamente impegnata, di stampo socialista e ben presto manifestò una profonda fede religiosa. Probabilmente entrambi i fattori influirono sulle sue opere. Laureato in letteratura e filosofia, lavorò come insegnante in una scuola elementare.
Il suo primo romanzo fu l'insolito Il Signore delle Mosche, scritto ispirandosi ad alcuni esperimenti fatti coi propri studenti. Il romanzo fu un successo, anche se non nei primi anni e nei 40 anni seguenti pubblicò una decina di altri romanzi che ebbero, però, un successo inferiore, tanto che la fama dello scrittore britannico rimase per lo più legata al romanzo d'esordio.
La trama, in breve.
Siamo in un'isola tropicale, non importa dove, durante una guerra mondiale, non necessariamente la seconda, potrebbe trattarsi anche di un'ipotetica guerra futura (ricordiamo che il libro è del 1954). Un aereo che trasporta dei bambini è precipitato e tutti gli adulti sono morti nello schianto.
I bambini sopravvissuti, un gruppo di età di poco superiore ai 10 anni e altri anche molto piccoli si trovano a dover sopravvivere abbandonati dal mondo. I bambini sono tutti ben educati e provenienti da famiglie borghesi.
All'inizio, pur nella disperazione, le cose sembrano funzionare. Si fanno delle assemblee in cui tutti possono dire la loro, si vota, si elegge un capo, si assegnano degli incarichi. Qualcuno dovrà procurare il cibo, qualcuno dovrà accendere un grande fuoco e mantenerlo vivo sperando che il fumo venga visto da potenziali soccorritori, qualcuno deve pulire. I bambini stanno vivendo una situazione tragica, ma il mondo in cui si trovano è paradisiaco, la razionalità permette loro di autorganizzarsi e far nascere una società, possono sopravvivere, c'è speranza.
Ma il male è insito nell'umanità. Anzi, come diceva lo stesso Golding, "l'uomo produce il male come le api producono il miele" e il paradiso non può funzionare.
Fra i bambini si instaurano le prime crepe, ci sono delle frizioni, delle competizioni. E poi ci sono la foresta, la notte, il buio, il mistero. E come reagisce l'essere umano al mistero e alla paura?
La razionalità vacilla e un po' alla volta viene sconfitta dall'irrazionalità. La società democratica messa in piedi da Ralph, uno dei bambini più grandi e primo capo eletto lentamente si sfalda e prende sempre più piede Jack, l'altro bambino più grande del gruppo, rivale e lato oscuro di Ralph, violento e istintivo. E così la civiltà regredisce e nasce persino una nuova forma di religione, quella del Signore delle Mosche. Qui mi fermo, dato che, anche se la trama è nota (dal romanzo sono stati tratti anche due lungometraggi), poi finisco per spoilerare troppo, rischiando di rovinare la lettura a qualcuno che, magari, non conosce ancora il romanzo. E se c'è qualcuno che ancora non lo conosce, gli consiglio vivamente di recuperarlo!
Golding è uno che va a fondo nell'esplorazione dei temi che sceglie e non si tira indietro. Intanto nel Signore delle Mosche abbiamo un punto di partenza non certo casuale: i protagonisti sono bambini. Non stiamo parlando di sopravvissuti qualsiasi, ma di bambini, creature che possiamo considerare vergini ai mali dell'umanità. Ciò che può emergere dalla loro società non può essere più di tanto influenzato da aspetti e retaggi culturali. Mi viene quasi da pensare, anche se il paragone è sacrilego, a quella serie TV partita ottimamente, ma che poi si è persa (maledetto Lindelof!), Lost. Anche lì avevamo un gruppo di sopravvissuti a un disastro aereo su un'isola tropicale, con una società che si andava a costruire, ma erano adulti. Avevano un retaggio culturale e ne erano consapevoli. Invece nell'opera di Golding i protagonisti sono bambini che provano, copiando, a mettere in piedi una società, ma le regole di ciò che vanno a costruire non le possiedono, le imitano solamente. Ecco perché l'irrazionalità dell'animo umano finisce per emergere velocemente, drammaticamente e violentemente. Certo, questo svela anche il pessimismo di Golding.
Il Signore delle Mosche è un romanzo che contiene anche dei difetti. Si percepisce chiaramente che si tratta di una prima opera, Golding non possiede ancora quel quid che identifica lo scrittore navigato e forse alcuni capitoli avrebbero meritato una revisione. Nel complesso il romanzo risulta anche eccessivamente corto e veloce (ma qui, probabilmente, incide la mia deformazione da lettore di interminabili saghe fantasy costituite da lunghissimi tomi di centinaia o migliaia di pagine...). Però questo romanzo resta una lettura che consiglio a chiunque voglia tentare di capire l'umanità che lo circonda e, malgrado abbia ormai quasi sessant'anni, resta sempre valido e moderno. Jack prende il potere tramite la democrazia, ma sconfiggendola, sfruttando la paura. Jack capisce di cosa hanno paura gli altri bambini, compreso lui stesso e Ralph e capisce che alimentando questa paura, rendendone sempre di più gli altri bambini succubi, il suo potere diventerà sempre più saldo.
Se, staccando gli occhi dalle pagine del romanzo, osserviamo, ad esempio, la politica italiana, ma anche europea e mondiale degli ultimi anni o anche, semplicemente, sfogliamo le pagine dei quotidiani degli ultimi giorni, non sentiamo l'eco delle parole di Golding? Non rivediamo soggetti che sfruttano la paura per ottenere il potere? E poi, l'odio per la religione sarà una mia fissa, ma il sopravvento dei maccanismi ancestrali che portano i bambini di Golding ad affrontare in maniera irrazionale l'ignoto, non descrive in maniera perfetta la nascita, la crescita e la diffusione nella società delle principali religioni che affliggono l'umanità?
Ogni lettore può elaborare a suo modo la trama del Signore delle Mosche, ma resta uno strumento indispensabile per guardare con gli occhi aperti la realtà che ci circonda.
Uno dei miei libri preferiti in assoluto. Madonna che ansia, però...
RispondiEliminaEsatto. È un romanzo che trasmette un'ansia crescente!
EliminaHa messo ansi anche a me
RispondiElimina