E così eccoci alla Grande Caccia, secondo volume della lunghissima saga della Ruota del Tempo.
Dopo un inquietante prologo in cui numerosi Amici delle Tenebre, fra
cui anche alcune Aes Sedai, incontrano Ba’alzamon che, evidentemente,
non è morto nel finale del precedente romanzo, la narrazione riprende esattamente da dove si era fermata con l’Occhio del Mondo.
La fortezza di Fal Dara ove sono riuniti praticamente tutti i
personaggi principali viene attaccata da un gruppo di Trolloc e
Myrddraal e Padan Fain in un bagno di sangue riesce a evadere, rubando
nel contempo il pugnale di Shadar Logoth cui è legata a doppio filo la
vita di Mat e il baule contenente il Corno di Valere. Seguitrà a questo
evento un incontro fra l’Amyrlin Seat, la sovrana delle Aes Sedai e
Rand, appositamente istruito da Lan, durante il quale Siuan Sanche, in
compagnia di Moraine, rivela al ragazzo dei fiumi gemelli la sua natura
di Drago Rinato.
Si costituisce una compagnia guidata da Ingtar e della quale fanno
parte anche Rand, Mat, Perrin e Loial, che avrà il compito di inseguire
Padan Fain e recuperare il pugnale e il Corno. Egwene e Nynaeve, invece,
dovranno partire per Tar Valon, patria delle Aes Sedai, per iniziare
l’addestramento che le farà diventare maghe. Delle due la parte della
caccia al Corno (non a caso è anche il titolo della saga) è sicuramente
la più avvincente. Il gruppo di Rand riuscirà a trovare i due oggetti
per poi perderli nuovamente, con Padan Fain che si rivelerà un
avversario tutt’altro che facile da sconfiggere. Il gruppo sarà anche
costretto a dividersi, con Rand, Loial e Hurin, un umano con la capacità
di fiutare le tracce lasciate dagli episodi di violenza, catapultati in
un mondo alternativo tramite una Pietra Portale accidentamente attivata
da Rand (o almeno così lo stesso Rand pensa). Nel mondo alternativo
oltre a incontrare Ba’alzamon, i tre si imbattono anche una donna
bellissima e misteriosa, Selene, che pare avere un fortissimo, ma
inspiegabile ascendente su Rand.
Molto meno interessante, almeno per me, è la parte che riguarda la
formazione di Egwene e Nynaeve a Tar Valon. Le due ragazze dei fiumi
gemelli incontrano qui Min ed Elayne e le quattro ragazze diventano
subito amiche, con Egwene, non senza imbarazzo, che attratta dal
fratello di Elayne, pensa sempre meno al suo ormai ex-promesso sposo
Rand. Venute a sapere delle difficoltà di Rand e soci, cercheranno di
fuggire per raggiungerli.
In questo romanzo facciamo anche la conoscenza dei Seanchan, che sono
i discendenti di coloro che furono guidati da Luthair Paendrag Mondwin,
uno dei figli di Artur Hawkwing, al di là dell’oceano Aryth mille anni
prima. Si tratta di un popolo spietato che ha risolto i problemi
relativi alla magia uccidendo tutti gli Aes Sedai maschi e schiavizzando
tutte le Aes Sedai femmine, trasformate così in Damane, poco più che
animali d’affezione dei quali sfruttare le capacità magiche. I Seanchan
iniziano in questo romanzo a invadere il continente da cui partì la
spedizione dei loro antenati.
In una convergenza finale sempre più concitata, in cui arrivano nella
citta di Falme occupata dai Seanchan il gruppo di Rand, le ragazze
fuggite da Tar Valon, Padan Fain e i Figli della Luce, Rand dovrà
affrontare nuovamente ed eroicamente Ba’alzamon.
Senza dubbio questo romanzo non tradisce le aspettative rispetto al
precedente e, anzi, se possibile lo supera. Ormai abbiamo un mondo
sempre più definito e particolare, con nuovi personaggi e addirittura
nuovi popoli che entrano in gioco e una trama che si complica
ulteriormente. Vediamo come il continente sia stato elaborato nei minimi
dettagli e anche la trama principale abbia raggiunto un notevole
livelli di complessità. Anche tutte le ipotesi di somiglianza con il
Signore degli Anelli che potevano essere avanzate all’inizio del primo
romanzo non hanno più fondamento.
Questo è anche un romanzo che vede l’evoluzione della maggior parte
dei personaggi principali, che stanno iniziando a essere qualcosa di
diverso da ciò che erano quando è iniziato il tutto. Primo fra tutti
Rand. Il ragazzo, oltre a essere, con lo zampino di Moraine, sempre
riconosciuto come un lord, cosa che desta qualche fastidio da parte dei
suoi amici, tende anche a essere sempre più isolato, a causa del suo
timore di portare la distruzione per via dei suoi poteri magici, che
ancora non sa controllare e che sono destinati a portarlo alla pazzia.
Rand non crede di essere il Drago Rinato, ma, in ogni caso, sa ormai con
certezza di possedere poteri magici e come tutti gli uomini dotati di
poteri magici il suo destino è infausto. L’unica soluzione è fuggire,
isolarsi e nascondersi. Ma gli eventi e il suo senso del dovere gli
impediscono di farlo.
L’evoluzione è percepibile anche in Mat e Perrin, il primo sempre più
legato al pugnale di Shadar Logoth e il secondo ormai consapevole dei
suoi insoliti e selvaggi poteri, ma, causa il poco spazio dedicato ai
due personaggi in questo romanzo, probabilmento le trasformazioni
verrano approfondite successivamente. Più rilevante è Nynaeve, la quale,
ben più di Egwene, sembra dotata di poteri magici e quando
l’ex-Sapiente decide di scatenarli, pochi possono resisterle.
Complessivamente si tratta quindi di un buon romanzo, che eleva il
già buon livello della saga iniziato col primo libro pubblicato. Nella
Grande Caccia è possibile rilevare tutti i punti di forza di Jordan,
quali l’enorme impianto narrativo, la buona costruzione
dell’ambientazione, la complessità della trama, la caratterizzazione dei
personaggi, l’intensità di certi momenti narrativi. S’intravvedono per
la verità anche alcuni difetti, quali un’eccessiva attenzione ai
dettagli, alcuni dei quali non sempre significativi, una certa tendenza
dei personaggi a ripetersi (ad esempio Rand, Mat e Perrin, tutte le
volte che hanno a che fare con una donna, non sanno cosa fare e sono
convinti che i loro amici saprebbero come comportarsi. D’accordo, questo
li caratterizza, ma non c’è bisogno di ripeterlo in continuazione…),
una presunta “immortalità” di alcuni personaggi (nel senso che, anche
quando sono in pericolo e la tensione è effettivamente presente, si
capisce che, comunque, alla fine si salveranno. Ci sono autori che
creano personaggi la cui vita è costantemente appesa a un filo. Non è il
caso di Jordan). Mi sento quindi di promuovere ampiamente questo
romanzo, non senza qualche timore che, in una saga di 14 lunghissimi
romanzi (più un prologo), i difetti che già ora si notano possano
acquistare un peso maggiore.
Nessun commento:
Posta un commento