Sono sempre le aspettative che fregano. Da un titolo come questo, senza soffermarsi troppo sul nome del regista e basandosi sul cast notevole, quasi da blockbuster e sull'immaginario collettivo che accompagna de sempre i vichinghi, con una spruzzata anche della serie TV Vikings, uno può aspettarsi un certo tipo di film. Solo che The Northman non è quel tipo di film!
Intanto occorrerebbe lasciar perdere le aspettative e iniziare a guardare da dove proviene questo film. Il protagonista si chiama Amleth (Alexander Skarsgård), un nome che dovrebbe far pensare. All'Amleto di Shakespeare? Non proprio, perché l'iconica tragedia del drammaturgo inglese elaborata fra il 1600 e il 1602 non fu completamente farina del suo sacco. Shakespeare si ispirò all'opera storica Gesta Danorum scritta da Saxo Grammaticus nel XII secolo, mettendoci certamente del suo. All'interno delle Gesta Danorum si trova, infatti, la Vita Amlethi.
Ma probabilmente il personaggio di Amleto, che fa parte della mitologia scandinava, è ancora più antico e lo stesso Saxo Grammaticus deve essersi ispirato a opere di autori precedenti e non è nemmeno escluso che l'origine del personaggio sia addirittura irlandese.Comunque il regista e sceneggiatore statunitense Robert Eggers (The VVitch e The Lighthouse), insieme al poeta e scrittore islandese Sjón, nonché autore di molte canzoni di Björk, la quale recita anche in questa pelliclla, hanno messo mano alla figura di Amleto per farci un film.
Un po' di trama, che poi essendo a grandi linee la stessa dell'Amleto di Shakespeare è abbastanza nota.
Siamo a Hrafnsey, in Islanda, in un regno del nord Europa, quando re Aurvandill Corvo di Guerra (Ethan Hawke) torna in patria dalla moglie Gudrún (Nicole Kidman) e dal figlio Amleth (Oskar Novak nella versione bambino) dopo aver combattuto e conquistato terre in Norvegia. Si scopre che Aurvandill è gravemente ferito e per questo decide di partecipare col figlio alla cerimonia spirituale di Heimir (Willem Dafoe) che sancirà il passaggio delle responsabilità del regno dal padre al figlio. Il giorno dopo, però, Aurvandill viene ucciso dal fratello Fjölnir (Claes Bang) che ambisce a occupare il suo trono. Fjölnir incarica i suoi sgherri di uccidere anche Amleth, ma il bambino riesce a scappare, anche se viene creduto morto. Fjölnir poi sposa Gudrún e diventa re.
Dopo parecchi anni ritroviamo Amleth che è cresciuto con l'unico scopo di vendicare l'amato padre. Amleth, ora interpretato dall'enorme Alexander Skarsgård è diventato un forte guerriero berserkr, un combattente bestiale e inarrestabile. Dopo aver scoperto da una veggente (Björk) che a breve avrà finalmente l'occasione di vendicarsi e dopo aver saputo da un altro berserkr che Fjölnir è parzialmente caduto in disgrazia e si è ritirato in Islanda, parte per l'isola su una nave che trasporta schiavi, fingendosi schiavo egli stesso. Qui conoscerà la maga slava, anch'essa schiava, Olga (Anya Taylor-Joy).
E poi basta, altrimenti lo racconto tutto.
E quindi se uno si aspetta un'americanata, con l'indomito superguerriero che massacra nemici a destra e a manca in un tripudio di violenza spettacolarizzata, forse ha sbagliato pellicola. Perché di violenza ce n'è e anche parecchia e piuttosto cruda e Amleth quando c'è da menare non si tira mica indietro. Ma qui siamo in un contesto diverso. Si tratta di una violenza più cruda, più sporca. Estrema, ma anche realistica, con una messa in scena dei vichinghi ancora più selvaggi e brutali di quanto probabilmente molti di noi se li erano immaginati fino ad ora. E quindi non aspettatevi una sorta di Conan the Barbarian, il reboot del celebre Conan il Barbaro con il figo Jason Momoa a interpretare le gesta del possente guerriero, anche se nelle intenzioni dell'autore questo film avrebbe dovuto essere "un incrocio fra Andrej Rublëv di Tarkovskij e Conan Il Barbaro di John Milius". Il Conan del 1982, non quello del 2011. In questo caso Alexander Skarsgård è chiamato a dar vita a un protagonista sì possente, ma altrettanto selvaggio e "sporco". Un barbaro che dal punto di vista cinematografico rende veramente bene il concetto di berserkr, il feroce guerriero nordico che prima della battaglia entra in uno stato di furia che lo rende fortissimo e insensibile al dolore.
Ma the Northmann è anche un film visionario che ci trasmesse un'immagine dei vichinghi estremamente selvaggia e spirituale. Prima è re Aurvandill a rivolgersi a uno sciamano insieme al figlio, poi da adulto Amleth consulta anch'egli sciamani e veggenti e non sempre è chiaro se ciò avvenga nella realtà o all'interno di visioni dello stesso. La missione di vendetta di Amleth segue anche, infatti, un percorso spirituale e tutto deve essere fatto rispettandolo. Certo, mancano tutte le riflessioni sull'animo umano dell'opera di Shakespeare, ma ricordiamoci che Tha Northman non è tratto dall'Amleto di Shakespeare, ma dalla Vita Amlethi di Saxo Grammaticus, in cui Eggers inserisce come sa fare perfettamente il sangue, la violenza e le visioni lisergiche. E che, tutto sommato, Eggers voleva anche realizzare un film d'avventura fantasy, seppur ispirato più al vecchio Conan che al nuovo.
Una pellicola, quindi, che pur scegliendo strade diverse da quelle che erroneamente qualcuno si potrebbe aspettare, ha una sua identità e un suo stile, nel quale si riconosce perfettamente la mano del regista, Robert Eggers. Un plauso agli attori. Alexander Skarsgård ha perfettamente interpretato il bestiale Amleth al punto da apparire quasi deformato fisicamente col suo trapezio sempre in mostra e con l'affascinante Anya Taylor-Joy riesce a formare una bella coppia, seppur i due siano quasi agli antipodi. In parte anche gli altri, Nicole Kidman e Ethan Hawke. Non mi è parso, invece, particolarmente coinvolto Claes Bang. L'esperto attore danese ricopre il ruolo dell'antagonista della pellicola, ma il suo è un villain che non riesce a bucare lo schermo, non so per per colpa sua, che forse non ha il giusto physique du rôle per la parte o se per carenze di trama. A Björk e Willem Dafoe il regista concede poco più che un cameo, ma Dafoe riesce sempre a essere particolarmente inciviso e la sua presenza è sempre ingombrante. Quasi irriconoscibile Björk e la sua interpretazione resta non valutabile.
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