Eccoci al terzo capitolo della corposa saga di Stephen Erikson, “Il Libro Malazan dei Caduti”, Memorie di ghiaccio.
Dopo esserci spostati nel nuovo continente di Sette Città, la
narrazione abbandona tutti i nuovi personaggi e ritorna a seguire le
vicende della prima macrolinea narrativa
che si stava svolgendo sul continente di Genabackis. E così rivediamo
personaggi del calibro di Anomander Rake, Wiskeyjack e ciò che resta
degli Arsori di Ponti, Ganoes Paran, Kruppe e tanti altri. Erikson,
però, come suo stile, non perde tempo in cose inutili. Ci aveva lasciato
col pirotecnico, ma anche un po’ confuso, finale del primo romanzo, con
quello che doveva l’assedio di Darujhistan che sostanzialmente
fallisce, il Tiranno Jaghut Raest che ritorna, la nascita di un Azath
(qualsiasi cosa sia…), demoni che scorrazzano per la città e scontri
finali.
Memorie di Ghiaccio non riparte dalla fine dei Giardini della Luna,
ma fa un salto avanti. I soldati Malazan (traditi o no
dall’imperatrice? Traditi o no dal potente mago Tayschrenn?) hanno messo
in piedi una fragile alleanza con la resistenza di Genabackis,
resistenza che già conteneva al suo interno fazioni non proprio in pace
fra loro, per affrontare un nemico comune e misterioso, proveniente dai
poco conosciuti territori del sud, l’abominevole Dominio di Pannion. Un
regno folle, al seguito di una oscura figura, che si espande divorando
(letteralmente…) tutto ciò che incontra.
Si tratta di un romanzo sostanzialmente diviso in due parti (e la
vecchia Armenia, nella prima edizione, ha pure pensato bene di dividerlo
in due volumi, per intascare qualche euro in più). Nella prima
assistiamo da un lato all’avvicinamento delle orde del Dominio di
Pannion alla città di Capustan, con gli alleati (chiamiamoli così) che
quasi tardano ad arrivare in soccorso. Un assedio in cui le Spade
Grigie, conosciute proprio in questo romanzo, s’immolano per salvare la
città. Assedio nel quale Erikson descrive senza mezzi termini e filtri
di sorta tutta la brutalità della guerra, con un bagno di sangue che
difficilmente il lettore può riuscire a dimenticare.
La seconda parte (occhio agli spoiler, cercherò di non rivelare
troppo) viene invece descritto l’assedio degli alleati a Coral, la
capitale del Dominio di Pannion, con una sorta di corsa a chi arriva
prima, per poter contare di più, quando ci si dovrà spartire i territori
liberati. Un assedio in cui, magari, non troviamo la drammaticità della
parte precedente, ma, in compenso, l’epicità degli ultimi Arsori di
Ponti, come sempre “i primi a entrare e gli ultimi a uscire”, farà
venire i brividi.
Occhio, che con questo romanzo iniziano le morti eccellenti. Quando
si legge Il Libro Malazan dei Caduti è bene prepararsi al peggio. Qui
gli eroi muoiono come mosche. La saga del Libro Malazan dei Caduti è una
saga che parla di guerra. Anzi, di guerre. E nelle guerre i soldati e
le popolazioni muoiono. Il titolo stesso della saga non lascia speranze.
Si tratta nel complesso di un romanzo che va a chiudere un primo
miniciclo, anche se poi, prima della convergenza finale, un vero e
proprio epilogo per molti di questi personaggi sarà solo nell’ottavo
volume, dato che per quattro romanzi non si tornerà più su Genabackis,
se non per l’inizio del quarto romanzo, ma seguendo la seconda
macrolinea narrativa.
Memorie di Ghiaccio è un romanzo che trasuda epica da tutte le
pagine. Un romanzo che si legge con l’adrenalina e la tensione a mille e
che probabilmente rimane uno dei migliori scritti da Erikson (ho letto i
primi otto e ho iniziato il nono, magari alla fine la classifica
potrebbe cambiare). Memorie di Ghiaccio è anche un romanzo che,
finalmente, dopo i primi due così fitti di misteri, inizia a dare delle
risposte. Non che si capisca tutto, Erikson questo non lo farà mai, ma
finalmente iniziano ad arrivare abbastanza elementi per completare tanti
buchi e fornire quelle risposte che il lettore non poteva aver dai
rimanzi precedenti. Poi, ovviamente, come è tipico per Erikson, il fatto
che arrivino delle risposte non significa che tutto diventi chiaro,
perché altrettante domande emergono.
Anche lo stile ha subito una nuova evoluzione. I tratti
caratteristici di Erikson fortunatamente rimangono, ma aumenta la
chiarezza espositiva. Come quasi tutti i primi romanzi di Erikson, anche
questo si potrebbe leggere anche da solo, estrapolandolo dal contesto,
dato che la storia narrata nel romanzo inizia e finisce nel romanzo
stesso, ma è proprio la grandiosità del contesto nel quale si svolgono
le vicende che rende immensa l’opera di Erikson.
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