mercoledì 11 gennaio 2017

Moon

Dopo aver recensito nel mio blog praticamente tutti i film recenti di Duncan “Zowie Bowie” Jones (che poi sono solo 2, Source Code e Warcraft l’inizio), non posso esimermi dallo scrivere qualcosa anche del primo lungometraggio, il piccolo capolavoro Moon. In realtà Jones, prima di Moon, aveva già armeggiato dietro la macchina da presa, realizzando il cortometraggio Whistle, ma Moon è stato il primo vero film. E fa un certo effetto vedere come il primo film del figlio del compianto uomo delle stelle David Bowie si svolga proprio nello spazio, sulla luna.
Andiamo alla storia.
Si parte con l’astronauta Sam Bell che è l’unico occupante della base mineraria Sarang, di proprietà della Lunar Industries. Sulla Luna viene estratto elio-3, tramite macchine automatiche, elio-3 che poi viene spedito sulla Terra. Il compito dell’astronauta di turno è quello di supervisionare per tre anni il funzionamento della base e, al termine del contratto, tornare sulla Terra. La ripetitiva vita quotidiana di Sam è supportata dall’intelligenza artificiale Gerty, che gestisce, di fatto, la base stessa. Sam può comunicare con la Terra, ma, a causa di un guasto che si è verificato praticamente al suo arrivo sulla Luna, le comunicazioni non possono avvenire in diretta, ma è possibile solamente uno scambio di messaggi registrati.

All’inizio del film Sam Bell è arrivato al termine del suo contratto, mancano solo due settimane al ritorno sulla Terra. La lunga permanenza in solitario sulla Luna lo ha debilitato mentalmente, tanto che Sam soffre di emicrania e allucinazioni, ma il desiderio di tornare e rivedere la propria famiglia lo tiene vivo. Proprio queste allucinazioni sono la causa di un incidente all’interno di un veicolo all’esterno della base.
Vecchio Sam Bell e nuovo Sam Bell
Le scene ripendono con Sam che si risveglia in un lettino all’interno della base, assistito da Gerty, confuso e con un’amnesia relativa a ciò che gli è successo. Sam sente accidentalmente Gerty ricevere istruzioni dai responsabili della base sulla Terra (anche se, da quello che sa, le comunicazioni dirette non sono possibili): Gerty deve impedire a Sam di uscire dalla base, in attesa di una squadra di soccorso che dovrà recuperare il mezzo incidentato. Con un’espediente Sam riesce a uscire e a raggiungere il veicolo dell’incidente, all’interno del quale ritrova… se stesso in fin di vita. Riportato l’altro Sam nella base iniziano gli interrogativi. Quale dei due è il vero Sam e quale è il clone? Le risposte arriveranno, ma saranno uno sorpresa per entrambi.
Diciamolo subito: Moon è un piccolo, modesto, delicato e drammatico capolavoro. Duncan Jones ha realizzato la sua prima opera con un budget di appena 5 milioni di dollari, che nelle mie tasche sarebbero un’enormità, ma per un film di fantascienza spaziale è praticamente una miseria. Tanto per fare un paragone esagerato, 2001: Odissea nello spazio di Stanley Kubrik, che fu girato nel lontano 1968, 41 anni prima di Moon, costò 12 milioni di dollari. Il primo Guerre Stellari, del 1977, costò 11 milioni di dollari e l’ultimo, Il risveglio della Forza, del 2015, 245 milioni di dollari. Nel 2009 sono usciti film di fantascienza come Avatar (237 milioni di dollari più altri 150 per la promozione) o Terminator Salvation (200 milioni di dollari). Anche l’ottimo e alternativo District 9, primo film di Neill Blomkamp, sempre del 2009, è costato comunque 30 milioni di dollari, sei volte il budget di Moon. In pratica Moon è stato realizzato utilizzando la testa, piuttosto che i dollari.
Qui si svolgono la maggior parte delle scene del film
Che di soldi a disposizione ce ne fossero pochi, si vede chiaramente dai pochi effetti speciali, veramente deboli, ma sempre comunque efficaci. Jones è riuscito a fare di necessità virtù. Il film si fonda interamente sulla recitazione di un unico attore, Sam Rockwell (Il miglio verde, Confessioni di una mente pericolosa) e tutti gli altri, 5 persone in tutto, sono praticamente solo comparse e, con l’esclusione di alcune scene esterne (girate comunque all’interno degli studi), tutto il film si svolge all’interno di pochissimi locali dell’algida base lunare. Zowie Bowie, oltre ad aver magistralmente diretto un superbo Sam Rockwell, dimostra fin da subito di saperci fare, ingannando lo spettatore, dato che tutto il film si fonda, sostanzialmente, su un’unica bugia. Jones è anche abile a non cadere nel tranello di fornire troppe spiegazioni logiche o scientifiche. Nel film ci sono anche cose che non funzionano completamente, ma, abilmente, vengono fatte sembrare dettagli su cui lo spettatore può tranquillamente soprassedere. Abilità che Jones avrà modo di mettere in mostra anche nella sua successiva opera, Source Code.
Moon è un film che ha ricordato come la fantascienza non sia necessariamente un genere che necessita di soldi, azione, spettacolo ed effetti speciali per essere efficace. La prima cosa che conta sono le idee. Ha anche ricordato come, proprio come il già citato 2001: Odissea nello spazio, cui Moon deve indubbiamente qualcosa, la fantascienza è anche e soprattutto in genere che serve a far pensare lo spettatore.
Un film sicuramente da vedere

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