Il "deus ex machina", che tradotto letteralmente sarebbe "divinità che scende dalla macchina", nasce nella tragedia greca ed è proprio un personaggio molto protente, per lo più una divinità, che a un certo punto compare e risolve una trama che diversamente non avrebbe più potuto risolversi. Un modo di dire poi è rimasto e ancora oggi viene utilizzato.
La pellicola di Alex Garland, al suo primo lavoro da regista, ma già sceneggiatore dell'ottimo 28 giorni dopo nel lontano 2001, è l'ennesima opera fantascientifica che tratta il tema dell'intelligenza artificiale. Garland, che ha scritto la sceneggiatura anche di altri film di fantascienza, come Sunshine, Non lasciarmi e il nuovo Dredd, con Ex Machina nel 2015 ha deciso di dirigere in prima persona una sua creatura.
Il prologo è piuttosto semplice. Caleb Smith (Domhnall Gleeson) è un giovane programmatore, abile nel lavoro, ma socialmente un po' sfigato, impiegato presso la BlueBook, il motore di ricerca più utilizzato del mondo, di proprietà del genio informatico Nathan Bateman (Oscar Isaac). Caleb è stato scelto per soggiornare una settimana nella casa di Bateman, un'abitazione avveniristica costruita al centro di una valle incontaminata e raggiungibile solo in elicottero. Durante il soggiorno dovrà eseguire il Test di Turing (per la verità un po' modificato) sull'ultima creatura di Nathan, un'intelligenza artificiale installata in un corpo androide che imita quello di una donna umana (l'algida Alicia Vikander) cui è stato dato il nome di Ava. L'obiettivo del test è capire se Ava sia solamente una macchina o una vera intelligenza artificiale, in grado di pensare e provare emozioni.
Per quel che mi riguarda già il plot è sufficiente per inquietarmi e stimolarmi infinite elucubrazioni. Potrà mai una macchina, un computer, simulare il pensiero umano al punto da essere indistinguibile da noi? Dal momento in cui sarà in grado di farlo e quindi avrà coscienza di sé, come si comporterà? Accetterà la sua condizione? Come considererà i suoi creatori umani? Non sarà una sorta di creatura aliena rispetta all'umanità?
La pellicola si sviluppa seguendo le intense giornate di Caleb all'interno dell'inquietante dimora di Nathan, anch'essa protagonista del film, fra gli stimolanti dialoghi con Ava, sempre separata dal suo interlocutore tramite un vetro di protezione (che, però, presenta una crepa, come se qualcuno avesso tentato di sfondarlo...) e i confronti scentifici, filosfici e arguti con Nathan. Questo film, di quasi due ore (108 minuti) è, infatti, un film lento, fatto principalmente di dialoghi colti e complessi. Un'opera, va detto, alla quale piace specchiarsi.
Insieme a Caleb conosciamo quindi contemporaneamente Ava e Nathan. Ava è... delicata, ingenua nei suoi rapporti (prima di Caleb ha conosciuto solamente Nathan), ma anche brillante e colta. E anche, elemento no nda poco e chiave del film, a suo modo sensuale.
Nathan, invece, probabilmente il personaggio riuscito meglio, è un vulcano. Genio supponente e sregolato, tratta tutto ciò che lo circonda, esseri umani o macchine, con superiorità.
Come scrivevo anche la casa è protagonista. Avveniristica come solo la casa del genio informatico più ricco del mondo può essere, è dotata di tutti i comfort e completamente regolata da computer. Solo Nathan può accedere a tutte le stanze, la cui apertura delle porte è regolata da una tessera personale. La tessera di Caleb consente, invece, di accedere solo a una parte della casa. Fra Ava e gli esseri umani, invece, non c'è contatto fisico, anche se Caleb può vederla costantemente, anche dalla sua stanza da letto, tramite una telecamera. Saltuariamente si verificano anche dei brevissimi black out, durante i quali non è possibile uscire dalla stanza in cui ci si trova, perché l'apertura elettronica non funziona.
Nell'abitazione si trova anche un altro androide, dalle sembianze di una donna orientale, la bellissima Sonoya Mizuno, progammata per sopperire a tutte le necessità di Nathan e anche di Caleb, durante la breve permanenza.
Le domande sulle quali lo spettatore è spinto a pensare sono molte, spesso per associazione di idee con ciò che viene mostrato, altre in seguito ai dialoghi di Caleb con Ava e Nathan.
Non so dire quale potesse essere il finale adatto per una pellicola come questa, forse se ne potevano ipotizzare molti. Di sicuro Garland non si limita a scelgliere un titolo da tragedia greca e anche il finale, così come si può percepire durante lo stesso film, è a suo modo una tragedia. Perché lo si capisce chiaramente che per qualcuno finirà male.
Forse il film non è perfetto e alcuni passaggi sono un po' telefonati, così come il finale è sicuramente discutibile e qualcosa potrebbe non essere nemmeno del tutto coerente, ma non mancano i colpi di scena e, pur partendo da concetti noti e tipici della fantascienza, il prodotto finale è veramente buono.
Alla fine il budget utilizzato è anche relativamente basso, 15 milioni di dollari, per degli effetti che sono veramene ottimi, ma il risultato è una pellicola che a modo suo rimarrà come una piccola perla. Peccato che gli incassi non siano stati poi così rilevanti: quasi 37 milioni di dollari non sono certo un flop se paragonati al budget, ma credo che un film del genere avrebbe potuto riscuotere ben di più. Tra l'altro su 37 milioni di dollari incassati, solo 11 milioni derivano dalle proiezioni all'esterno degli Stati Uniti, segnale che la distribuzione mondiale è stata limitata.
Dopo averlo visto non posso fare altro che consigliarlo.
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