Ricapitoliamo brevemente gli elementi da cui parte questo film: oscura e inquietante villa isolata nella campagna inglese; bambola a grandezza naturale di un bambino di 8 anni; tragico evento avvenuto 20 anni prima; ragazza americana con un passato da dimenticare. Non manca nulla, l'horror più classico è servito.
Greta (la bella Lauren Cohan) ha appena lasciato il marito violento ed è scappata in Inghilterra, accettando di fare, ben pagata, la baby sitter del figlio di un'anziana coppia in procinto di partire per una lunga vacanza. Solo che il bambino, come si scoprirà già dalle prime scene e come il trailer certo non nasconde, è una bambola.
Il tema della bambola posseduta è uno dei più classici del cinema dell'orrore e scegliere di fare un film come questo nel 2017 espone sicuramente a rischi considerevoli. Ma torniamo alla trama.
Fin dai primi fotogrammi si capisce subito l'intenzione del regista, William Brent Bell, di soffermarsi sui particolari. Il tassita che osserva dallo specchietto retrovisore Greta addormetata, Greta che si sveglia, nota su di sé gli occhi del tassista e chiude l'ultimo bottone della camicetta. Già si comincia con gli indizi, che da buon film horror/thriller possono anche essere fuorvianti.
L'ingresso nella villa è dei più classici: la porta è aperta, ma all'interno pare non esserci nessuno, malgrado Greta si annunci più volte. Chissà perché nei film horror i proprietari delle ville antiche e misteriose lasciano sempre la porta aperta e quando qualcuno entra subito non si fanno trovare... E così, come in ogni film di questo tipo che si rispetti, Greta che fa? Ovviamente inizia a esplorare l'enorme casa, andando un po' a caso, salendo le scale e finendo proprio nella camera del bambino, dove trova alcuni giochi puliti e ordinati, ma datati. In una delle non tantissime scene di tensione sbuca il secondo personaggio della pellicola, il fattore Malcolm (un buon Rupert Evans) che, dopo essersi presentato, tempo neanche pochi secondi, già inizia a provarci con Greta. E bravo Malcolm! I toni diventano rilassati, il fattore, che si rivela essere un personaggio guascone e simpatico, accompagna Greta in cucina e i due parlano. Ecco finalmente arrivare i signori Heelshire, proprietari della villa che, fino ad ora, misteriosamente non si capisce dove fossero finiti ed ecco la presentazione del piccolo Brahms che si rivela essere una bambola, per quanto i "genitori" si comportino con lui come se fosse un vero bambino.
Siamo seri, quante persone reali accetterebbero un lavoro come questo, sapendo di essere protagoniste di un film horror? Nessuna, ovviamente, è ovvio che finisce male! Ma se i protagonisti dei film horror fossero razionali, non esisterebbero i film horror.
Diciamo la verità, davo per scontato che The boy si rivelasse una cagata. Perché la bambole sono già di loro inquietanti, ma il fatto che possa esistere una bambola posseduta/assassina, mi ha sempre fatto un po' ridere. E invece...
E invece alla fine The boy funziona. La pellicola, pur essendo volutamente un classico, a suo modo si discosta un po' dai canoni che ci si aspetta. La sceneggiatura non calca più di tanto la mano sugli aspetti horror e a un certo punto i risvolti sono imprevisti. Greta, alle prime manifestazioni della bambola avrebbe dovuto scappare a gambe levate e avrebbe anche avuto l'opportunità di farlo. E invece resta, accetta ciò che sta avvenendo e la cosa, senza fare spoiler, ha un suo perché. E poi c'è quel continuo soffermarsi sui particolari del regista che fa tanto horror vecchio stampo. Il volto del piccolo Brahms manichino viene inquadrato in primo piano innumerevoli volte, indugiando a lungo sull'inquadratura. E a quel punto ci si aspetta, da un momento all'altro, un segnale di vita, un movimento, qualcosa di anomalo. Mi sono quasi trovato a volere che la bambola si muovesse.
Certo, bisogna anche dire che non tutto è perfetto. Alcune scene e alcuni episodi sono un po' tirati per i capelli e a volte la credibilità non è il massimo. Anche il colpo di scena finale, di cui ovviamente non scrivo, e tutto il finale del film che da esso consegue, forse potevano essere gestiti meglio.
C'è poi la prova di Lauren Cohan, bella e sicuramente anche brava, ma non dotata di tutto il carisma necessario per sopportare sulle sue spalle l'intera pellicola. Forse è più adatta a sceneggiature nelle quali può dividere la scena con altri personaggi e, magari, fare da spalla ad attori più carismatici. In questo caso, invece, è lei a dover trainare il carro, dato che Rupert Evans interpreta un personaggio non sempre presente e comunque per buona parte del film secondario.
Comunque al netto delle critiche The boy resta un film cui davo poco credito, ma che è riuscito a stupirmi.
Da vedere, senza troppe pretese o aspettative.
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