E siamo a sette. Sette romanzi di questa lunga serie fantasy e da qui scolliniamo verso il quattordicesimo volume.
Si parte questa volta con un lunghissimo prologo che, come spesso accade con Jordan, riprende gli avvenimenti esattamente da dove erano terminati quelli del romanzo precedente. Anzi, per la verità questa volta Jordan fa qualcosa di più, dato che nel prologo de La corona di spade possiamo rileggere gli ultimi avvenimenti de Il Signore del Caos, narrati da un diverso punto di vista. Sono molti, comunque, i personaggi, per lo più avversari, che compaiono in questo lungo prologo.
Come sempre le linee narrative sono plurime. Abbiamo quella di Rand, protagonista principale della serie, ma non scontato protagonista assoluto di ogni albo, che
reduce dagli intensi avvenimenti del finale del romanzo precedente cerca di riprendersi, ristabilire l'ordine nei territori che controlla e, finalmente, tentare l'assalto al Reietto Sammael. Rand ormai è profondamente cambiato rispetto all'inesperto e timoroso pastore del primo romanzo, trasformandosi passo dopo passo in quello che forse può essere considerato uno dei più grandi eroi della letteratura fantasy.
Poi abbiamo la linea narrativa di Egwene, tornata prepotentemente protagonista, almeno all'inizio di questo romanzo, dopo alcuni romanzi nei quali era rimasta un po' in disparte. Impossibile dire di più senza fare pesanti spoiler, ma con gli avvenimenti di questo romanzo la vita di Egwene è destinata a cambiare radicalmente e la ragazza avrà modo di dimostrare di che pasta è fatta.
La terza linea narrativa, forse la principale, è quella di Ebou Dar, dove si trovano le antipaticissime Elayne e Nynaeve, alla ricerca della Coppa dei Venti per fermare i devastanti cambiamenti climatici indotti dal Tenebroso. Per fortuna a questo gruppo si aggiunge Mat, finalmente diventato un vero protagonista e presente in alcuni dei momenti migliori dell'intero romanzo.
Quasi assente, invece, Perrin. Lo troviamo nel prologo e in qualche capitolo, ma di fatto la sua linea narrativa progredisce poco o nulla.
Una delle particolarità di questo romanzo è che in questo momento dello sviluppo della trama, pur essendo sempre presente la minaccia del Tenebroso e dei Reietti che continuano a tramare, le principali difficoltà nelle quali incorre Rand sembrano derivare più da coloro che dovrebbero in teoria essere suoi alleati!
Diciamo la verità, un poco s'intuisce la volontà del compianto Jordan di allungare il brodo, per rendere la sua più grande opera il più lunga possibile. Comunque Jordan si rivela un fine scrittore che, al netto di alcuni difetti (l'eccessiva descrizione degli abiti femminili, l'ormai stantia contrapposizione uomo-donna, ecc.) riesce a narrare magistralmente tutti i passaggi della trama. Ma non solo.
Jordan costruisce un mondo sempre più variegato, con una quantità di personaggi tale da far impallidire il lettore e fargli girare la testa. Oggettivamente ormai quando vengono citati a ripetizione dei personaggi, risulta difficile ricordare di chi si sta parlando, quali siano i rapporti coi protagonisti e anche solo se quel personaggio è già comparso oppure no.
Nelle recensioni e noi commenti che si leggono in Internet, molti affermano un calo qualitativo dei romanzi di Jordan superato il quinto o il sesto volume. Per il momento io questo calo non l'ho visto (pare comunque che i terribili siano l'ottavo e il nono...). Certo, ci sono romanzi migliori e altri peggiori, ma il livello medio resta sempre ottimo.
Come sempre, purtroppo, ma ormai è un classico, il finale, atteso per centinaia di pagine, anzi, migliaia, dato che l'attesa va avanti dal volume precedente, si rivela piuttosto veloce. Bello, questo sì, ma fin troppo sbrigativo.
D'altronde, qualche difetto bisognerà pur trovarlo, altrimenti si rasenta la perfezione.
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