Crocevia del crepuscolo è il decimo capitolo della lunghissima saga ideata dal compianto Robert Jordan e, come ormai tutti o quasi tutti i romanzi precedenti, riprende la narrazione esattamente dove si era fermata quella del romanzo precedente. Altra costante di Robert Jordan, almeno per quando riguarda gli ultimi romanzi da lui scritti, è quella di iniziare questo volume con un lunghissimo prologo, parliamo di oltre 100 pagine in un romanzo di circa 800, dedicato solo ed esclusivamente a personaggi secondari.
Terminato il prologo inizia una serie di capitoli dedicati alle varie linee narrative che descrivono spesso "eventi" (si fa per dire, ne parlo dopo) che si svolgono contemporaneamente a quanto fatto da Rand e Nynaeve al termine del precedente romanzo.
Il primo personaggio cui è dedicata la narrazione, escluso sempre il prologo, è Mat, finalmente tornato protagonista. A lui sono dedicati tre capitoli che descrivono la fuga da Ebou Dar. Per la verità la fuga da Ebou Dar era già stata descritta nel nono romanzo, ma Jordan deve aver deciso di aggiungere qualche particolare. Nulla di significativo, a parte il rapporto fra Mat e Tuon che, fra l'altro, sappiamo già come andrà a finire. Comunque non è male, i capitoli dedicati a Mat sono sempre divertenti.
Dopo un unico capitolo dedicato a un personaggio nuovo, il Seanchan Furyk Karede che probabilmente avrà sviluppi in futuro, è la volta di Perrin, con quattro capitoli che descrivono lo struggimento del ragazzone dei Fiumi Gemelli. Quattro capitolo in cui Perrin non si da pace per il rapimento di Faile da parte degli Aiel Shaido, che ormai sono diventati tanti quanto più della metà di tutti gli Aiel. Niente di nuovo rispetto a quanto già letto.
Anche questa volta, dopo un capitolo dedicato a un altro personaggio, in questo caso Faile e la sua prigionia fra gli Aiel Shaido, molto più interessante (si fa per dire) dei capitoli del marito, è la volta di ben cinque capitoli che si svolgono nell'Andor, con Elayne, Aviendha, Birgitte e le altre incanalatrici che si sono radunate a Caemlyn. Il tutto di una noia pazzesca, con una descrizione dettagliata (manca solo quante volte va in bagno, letteralmente, anzi, quasi c'è scritto) della giornata di Elayne.
Dopo un capitolo, lunghissimo, per Elenia Sarand (chi? Una dei potenti dell'Andor) eccone cinque per Egwene, dove fra i mal di testa della nuova Amyrlin Seat ribelle e trame e controtrame interne alle Aes Sedai, sembra che i capitoli non finiscano più. Anche perché, anche in questo caso non viene rivelato nulla di nuovo.
Dopo tutta questa noia arrivano due capitoli sulla Torre Bianca, in parte dedicati alla Custode degli Annali Alviarin, in parte alla nuova Amyrlin Seat Elaida e in parte ad altre Aes Sedai di cui non ricordo il nome, né l'importanza. Sì, qualche novità c'è (nulla di così clamoroso da scriverci un romanzo, però!), ma dopo centinaia di pagine di noia totale servirebbe qualcosa di più eclatante per risvegliare l'attenzione.
E finalmente arriva Rand. Che in un libro di 800 pagine trovare per la prima volta il protagonista principale dopo la pagina 600 fa un po' strano. E dato che a Jordan non sembrava abbastanza strano, ha pensato bene di dedicare la prima parte di questi due striminziti capitoli a Cadsuane. Il tutto per presentarci l'incontro fra Rand e Logain, che sarebbe stato interessantissimo, peccato venga ridotto a due pagine tirate via e una clamorosa novità, già intuibile dall'introduzione della trama.
Ecco, terminata questa noia clamorosa, devo dire che le ultime 120-130 pagine, che riprendono le linee narrative precedenti, contengono qualche avvenimento interessante. Certo, non abbastanza per giustificare un romanzo intero, che infatti è stato riempito di... non so nemmeno cosa, ma almeno, seppur di poco, la trama leggermente progredisce. Anche perché, senza quei due o tre avvenimenti finali, la lettura della saga avrebbe anche potuto essere ugualmente lineare saltando letteralmente questo decimo volume! Anzi, ci sono degli autori, vedi Steven Ericson, che avvenimenti come questi li saltano proprio, lasciandoli "fra un romanzo e l'altro".
L'impressione è che veramente e letteralmente Jordan abbia voluto allungare il brodo, narrando in questo romanzo "episodi" (che parolone!) che avrebbero potuto benissimo essere riassunti nel precedente e nel successivo. Un vero crollo verticale questo volume. Malgrado questa tendenza dell'autore ad allungarsi già palesata precedentemente, gli altri romanzi contenevano comunque evoluzioni della trama significative. Mai come in questo caso si era assistito a un rallentamento di questa portata. Non so se si sia trattato di una carenza di idee o di una volontà esplicita di allungare il numero di volumi pubblicati, forse per esigenza di contratto, ma veramente questo decimo romanzo aggiunge a questa meravigliosa saga solamente della carta.
E anche la gestione dei personaggi lascia un po' desiderare. Perché se la trama non evolve, ci si potrebbe aspettare un'evoluzione dei personaggi. E invece nemmeno quello. I personaggi, almeno quelli principali, restano esattamente uguali a prima dell'inizio del romanzo. C'è poi quest'esigenza di Jordan di moltiplicare il numero dei personaggi secondari. Sicuramente riuscire a inventare così tanti personaggi e riuscire a caratterizzarli in maniera più o meno originale è certamente degno di nota, ma la domanda è: sono realmente funzionali? Avere l'ennesima Aes Sedai che non si capisce da che parte stia e che trama contro altre fazioni interne dell'ordine, che utilità ha, se ce ne sono state presentate già altre decine? Lo stesso ragionamento lo si potrebbe fare per i vari nobili delle casate dei vari regni. Il nuovo nobile che alla fine fa le stesse cose che fanno gli altri e non aggiunge nulla alla trama principale, a cosa serve? L'effetto è che quando si legge il nome di un personaggio, se non è uno dei principali, è impossibile ricordarsi se lo si è già visto e cos'abbia fatto precedentemente. Ma la cosa triste è che non sapendolo, la lettura non cambia., perché tanto non è poi così significativo ricordarlo.
Non credo di aver mai fatto così fatica a terminare un romanzo.
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