Quando Robert Jordan, l'autore della saga de La Ruota del Tempo, morì prematuramente nel settembre del 2007, lasciò nello sconforto tutti i suoi fan disseminati in tutto il pianeta. Oltre al dolore umano per la perdita, si univa il timore di non poter mai leggere la fine di questa lunga e bellissima saga fantasy, iniziata dal compianto Robert nel 1990 e giunta al volume numero 11 nel 2005. Mancava un solo romanzo alla conclusione quando nel 2006 Jordan dichiarò che gli era stata diagnosticata una rara malattia cardiaca che lo avrebbe portato in poco tempo alla morte. I medici gli diedero non più di quattro anni di vita, ma lo sfortunato scrittore di Charleston morì l'anno successivo, dopo aver iniziato una terapia sperimentale. Per la verità in Italia, come in altri stati del mondo, le pubblicazioni erano ancora in ritardo e ai tempi uscì Il sentiero dei pugnali, ottavo capitolo della serie.
Ma Jordan non era uno che si risparmiava e nel poco tempo che gli rimase da vivere lavorò intensamente a quello che sarebbe diventato il capitolo conclusivo della sua grande opera letteraria che gli ha dato l'immortalità, pur senza terminarlo.
Così la moglie di Jordan contattò un certo Brandon Sanderson, giovane scrittore fantasy, autore già di alcune opere, fra cui l'ancora poco conosciuta prima trilogia di Mistborn e gli affidò gli appunti del marito.
Non so cos'avesse in mente Jordan, dato che le trame aperte nei precedenti undici romanzi erano talmente tante e talmente complesse che difficilmente avrebbe potuto concludere il tutto in un solo romanzo. Quali potessero essere le intenzioni di Jordan non lo sapremo mai, ma Sanderson pubblicò ben tre romanzi per concludere la saga di Jordan, portando il conto totale a 14 volumi e non 12 come era sempre stato annunciato.
Non deve essere stato facile per Sanderson mettere le mani in un universo così complesso, ma come lo stesso scrittore del Nebraska ha scritto nella prefazione di Presagi di tempesta, il suo obiettivo non è stato quello di copiare lo stile di Jordan, ma adattare il suo alla saga esistente.
E il lavoro è stato ottimo.
Pare che Jordan avesse lasciato sia appunti su quello che era ancora da scrivere, sia intere parti già scritte. Eppure devo dire che non risulta minimamente percepibile che Presagi di tempesta sia stato scritto a quattro mani.
Diciamo due parole sulla trama, che è anche ora. Per quanto abbia senso parlare della trama del dodicesimo volume di una serie.
Il romanzo segue le vicende di Rand, Egwene, Perrin e Mat, ciascuno accompagnato da vari altri personaggi, con le macrotrame dei primi due nettamente preponderanti rispetto agli altri. Rimangono questa volta escluse (per fortuna!) le vicende di Elayne.
Rand non si trova certo in una situazione invidiabile. In attesa della battaglia finale col Tenebroso, Tarmon Gai'don, battaglia nella quale si decideranno le sorti della prossima Era e al termine della quale lui è destinato a morire, il continente è in fiamme. Le battaglie dilagano ovunque e l'invasione dei Seanchan non fa che complicare le cose. Oltre alla presenza dei Reietti che continuano a minacciarlo ovunque. E' ancora fresca la cicatrice del suo moncherino del braccio sinistro causata da Semirhage.
Eppure Rand non si può fermare. Deve continuare a dare la caccia ai Reietti, prima che loro la diano a lui e deve provare a fare un'alleanza con Seanchan. Il tutto mentre il governo dei regni che ha conquistato nel continente si fa sempre più difficile.
Non meno complessa, ma con più vie d'uscita, è la situazione di Egwene. Pur essendo l'Amyrlin Seat delle Aes Sedai ribelli, al momento è prigioniera della Torre Bianca, dove l'Amyrlin Seat è Elaida, che l'ha fatta regredire a novizia. Ma Egwene, seppur con grande fatica, si sta facendo strada all'interno della Torre Bianca, facendo crescere un tarlo dentro molte Aes Sedai che inizialmente appoggiavano Elaida.
Sono molto ridotte le parti dedicate a Perrin e a Mat, che sostanzialmente si limitano a riprendere ciò che è avvenuto nel romanzo precedente. Anche se, va precisato, Mat vive un episodio horror niente male.
Basta, non scendo oltre nei particolari, perché poi rischio di svelare troppo di questo romanzo.
Questa era la prima opera dei questa meravigliosa, ma ormai un po' asfittica, saga non scritta completamente da Jordan e c'era il rischio che Sanderson si perdesse. Così non è stato. Anzi, devo ammettere che Presagi di tempesta rappresenta un miglioramento rispetto ad alcuni romanzi che avevano perso un po' di mordente, col picco negativo toccato col decimo. Anche se poi Jordan con l'undicesimo, La lama dei sogni, si era parecchio ripreso.
Comunque Sanderson inizia alla grande questo lunghissimo e attesissimo finale di questa interminabile e coinvolgente saga.
E il lavoro è stato ottimo.
Pare che Jordan avesse lasciato sia appunti su quello che era ancora da scrivere, sia intere parti già scritte. Eppure devo dire che non risulta minimamente percepibile che Presagi di tempesta sia stato scritto a quattro mani.
Diciamo due parole sulla trama, che è anche ora. Per quanto abbia senso parlare della trama del dodicesimo volume di una serie.
Il romanzo segue le vicende di Rand, Egwene, Perrin e Mat, ciascuno accompagnato da vari altri personaggi, con le macrotrame dei primi due nettamente preponderanti rispetto agli altri. Rimangono questa volta escluse (per fortuna!) le vicende di Elayne.
Rand non si trova certo in una situazione invidiabile. In attesa della battaglia finale col Tenebroso, Tarmon Gai'don, battaglia nella quale si decideranno le sorti della prossima Era e al termine della quale lui è destinato a morire, il continente è in fiamme. Le battaglie dilagano ovunque e l'invasione dei Seanchan non fa che complicare le cose. Oltre alla presenza dei Reietti che continuano a minacciarlo ovunque. E' ancora fresca la cicatrice del suo moncherino del braccio sinistro causata da Semirhage.
Eppure Rand non si può fermare. Deve continuare a dare la caccia ai Reietti, prima che loro la diano a lui e deve provare a fare un'alleanza con Seanchan. Il tutto mentre il governo dei regni che ha conquistato nel continente si fa sempre più difficile.
Non meno complessa, ma con più vie d'uscita, è la situazione di Egwene. Pur essendo l'Amyrlin Seat delle Aes Sedai ribelli, al momento è prigioniera della Torre Bianca, dove l'Amyrlin Seat è Elaida, che l'ha fatta regredire a novizia. Ma Egwene, seppur con grande fatica, si sta facendo strada all'interno della Torre Bianca, facendo crescere un tarlo dentro molte Aes Sedai che inizialmente appoggiavano Elaida.
Sono molto ridotte le parti dedicate a Perrin e a Mat, che sostanzialmente si limitano a riprendere ciò che è avvenuto nel romanzo precedente. Anche se, va precisato, Mat vive un episodio horror niente male.
Basta, non scendo oltre nei particolari, perché poi rischio di svelare troppo di questo romanzo.
Questa era la prima opera dei questa meravigliosa, ma ormai un po' asfittica, saga non scritta completamente da Jordan e c'era il rischio che Sanderson si perdesse. Così non è stato. Anzi, devo ammettere che Presagi di tempesta rappresenta un miglioramento rispetto ad alcuni romanzi che avevano perso un po' di mordente, col picco negativo toccato col decimo. Anche se poi Jordan con l'undicesimo, La lama dei sogni, si era parecchio ripreso.
Comunque Sanderson inizia alla grande questo lunghissimo e attesissimo finale di questa interminabile e coinvolgente saga.
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