09 settembre 2025

La città proibita


Ve lo ricordate Il ragazzo invisibile? No, il vostro autore preferito di recensioni non è impazzito o almeno non del tutto. Il ragazzo invisibile con La città proibita non c'entra nulla. 

Ma insomma, ve lo ricordate oppure no?

Secondo me no o poco, perché non c'è proprio niente da ricordare. In un momento in cui i film Marvel/Disney sui supereroi spopolavano, qualcuno in Italia deve aver detto che anche noi siamo capaci di fare quella roba lì. E quindi con un budget pari a un ventesimo di quello messo a disposizione per una pellicola Marvel, è stato consegnato il progetto italiano di film coi supereroi niente meno che a Gabriele Salvatores, che non è proprio l'ultimo arrivato. Un progetto però che non partiva da un fumetto esistente, ma s'inventava di sana pianta un nuovo supereroe.

Il risultato è stato che no, i film coi supereroi non li sappiamo fare. O, almeno, non li sa fare Salvatores, che anche se sei uno bravo, ci sarà poi qualcosa che non sai fare, no? Anche se nel progetto hanno continuato a crederci, dato che è uscito un altrettanto pessimo sequel.

Che poi con Dampyr l'Italia ha dimostrato di essere in grado di fare film decenti derivati da un fumetto, ma questa è un'altra storia, con altri problemi, della quale un giorno sarebbe interessante parlare.

Nello sconforto del fallimento del tentativo di Salvatores è arrivato Gabriele Mainetti, un ragazzo laureato al DAMS di Bologna, con varie esperienze da attore al cinema e in serie tv, ma con parti minori, e la passione per la regia che fino ad allora l'aveva portato solamente a vincere qualche premio con dei cortometraggi. Il buon Gabriele mette insieme quattro soldi, molti meno di quelli che ha avuto a disposizione Salvatores e si autoproduce un bizzarro film italiano coi supereroi che lui stesso dirige: Lo chiamavano Jeeg Robot

Gabriele Mainetti è uno che non ha paura di un cazzo. Lui il cinema l'ama e l'ha studiato e non si fa problemi a fare le cose come vanno fatte e mettere in scena quello che va messo in scena, senza vergogna. Perché i film della Marvel sono delle grosse cagate, ma sono cagate fatte bene. E Mainetti sa che, anche se i soldi a disposizione sono pochi, le scene le puoi fare bene ugualmente.

Ecco, La città proibita, che è anche venuto il momento di parlarne, dato che questo è il suo post e che non è l'omonima pellicola di Zhang Yimou del 2006, è un'opera che conserva lo stesso spirito di Lo chiamavano Jeeg Robot (e nel mezzo ci sta un altrettanto riuscito Freaks out, che non ho ancora visto, colpa mia), un film di un genere che in Italia non si fa, diretto col coraggio di fare le cose come vanno fatte.

Sinceramente io l'ho visto senza sapere quasi nulla, se non il nome del regista, ed essendo rimasto soddisfatto vi consiglio di fermarvi qui. Poi ne riparliamo dopo la visione. Comunque adesso un po' di trama.

Siamo in Cina (in Cina? Ma non era un film italiano. Sì, è un film italiano, ma tutta la trama parte dalla Cina). Dicevamo, siamo in Cina in quel periodo in cui ogni famiglia poteva avere un solo figlio. Ma qualcuno trasgredisce alle regole avendo due figlie e ne paga le conseguenze. Anni dopo una di queste due è in cerca dell'altra e non si fermerà davanti a niente pur di trovarla, anche perché, come scopriamo ben presto, è una sorta di Jackie Chan in versione femminile.

Vi ho consigliato di continuare la lettura solo dopo la visione, vero?

Colpo di scena, non siamo più in Cina, ma a Roma! E quindi improvvisamente un film di kung fu cinese piomba nei bassifondi romani, dove le vecchie strutture criminali italiane, adattate ai tempi moderni, più o meno convivono con le nuove strutture criminali cinesi. E in mezzo ci sono Mei (Yaxi Liu), la Jackie Chan femminile e Marcello (Enrico Borrello) che invece è il tipico protagonista di tanti film italiani usciti in questi anni. Il ragazzo un po' sfigato, ma simpatico, travolto dai problemi della vita, per il quale non puoi fare a meno di tifare.

La scelta degli attori è ambivalente. Se da un lato abbiamo gli esperti Marco Giallini (bravissimo a fare il cattivo) e Sabrina Ferrilli (poverina, cosa si è fatta alla faccia?), dall'altro abbiamo due giovani protagonisti, entrambi vittime dei propri mondi, nonché attori sconosciuti. Enrico Borrello ha recitato in serie tv e in produzioni minori ed è alla prima esperienza da protagonista. Anche Yaxi Liu, che è agli inizi come attrice, ma anche e soprattutto stuntwoman, ha vissuto in prima persona le politiche cinesi del figlio unico. Che i due siano inesperti non si vede affatto. Saranno doti loro, sarà la scelta fatta per interpretare quei personaggi, sarà la regia, ma sembra di vedere due attori che sanno il fatto loro. Nel cast anche Luca Zingaretti, na non vi dico chi è. 

La città proibita non sembra un film italiano, al netto dell'accento romano (poi ci torno). Non è un tipo di film che di solito si fa in Italia e non ha l'approccio dei film italiani. Soprattutto non ha paura. È un film dentro cui gli sceneggiatori e il regista ci hanno messo quello che ci volevano mettere, senza timori reverenziali e senza complessi di inferiorità verso chi quei film è abituato a farli (cosa che invece traspariva nell'opera di Salvatores, dove con quelle inutili scene durante i titoli di coda voleva spiegarci i suoi trucchi, come per far sapere che anche noi sappiamo fare i film che fanno negli USA).

La questione dell'accento però la devo dire. La pellicola si svolge a Roma e quindi gli attori (quelli italiani, ovviamente) hanno l'accento romano. E ci sta. Il problema è che in alcuni casi diventa eccessivo e alcune frasi non sono proprio riuscito a capirle! Almeno quando parlano in cinese ci sono i sottotitoli. 

Comunque a parte questa piccola polemica, è certamente un film da vedere.

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