E adesso eccolo tornare nuovamente in campo, non da regista, però, ma solo da sceneggiatore, perché Macchine Mortali è stato affidato a Christian Rivers. Chi? Non lo potete conoscere, perché questo è il suo primo lungometraggio, anche se per anni ha lavorato con Peter Jackson..
Ma andiamo con ordine.
Peter Jackson ha preso in mano una serie di romanzi di Philip Reeve di discreto successo, una quadrilogia dal titolo Il quartetto delle macchine mortali, poi seguita da una trilogia che ha narrato le vicende antecedenti. Solo i primi due dei sette totali sono stati tradotti in italiano.
Dimenticavo, si tratta di romanzi young adult (che quando parlavamo in italiano si chiamavano letteratura per ragazzi) che si svolgono in un futuro distopico
come quasi tutti gli altri romanzi di questo filone usciti negli ultimi anni. In questo caso, però, l'ambientazione è steampunk.
Cosa?
Sì, steampunk, un sottogenere della fantascienza o, forse, un sotto-sottogenere, che bisogna essere un po' specialisti per conoscerlo. Si tratta di un genere che si svolge in ambientazioni dominate da una tecnologia anacronistica, ma inserita in un contesto che è o sembra la Londra vittoriana, nel XIX secolo. Inizialmente la tecnologia utilizzata è quella del vapore, da qui il nome del genere, ma non necessariamente deve essere sempre quella. In alcuni casi si tratta di ucronie (cioè periodi della nostra storia rivisti, immaginando che le cose siano andate diversamente). In questo Macchine mortali, invece, siamo nel futuro. Un futuro molto lontano, dato che rispetto a oggi sono trascorsi più di mille anni. Il pianeta è stato distrutto da guerre che si sono combattute con armi potentissime e nel mondo che ne è rimasto la lotta per la sopravvivenza la fa da padrona. Di primo acchito verrebbe da dire che chi ha inventato Macchine mortali deve aver visto Il castello errante di Howl di Hayao Miyazaki, ma, in realtà, il romanzo Macchine Mortali è stato pubblicato nel 2001, mentre il film di Miyazaki è del 2004. Reeve è scagionato. O, almeno, quasi scagionato, dato che Il castello errante di Howl è tratto dal romanzo omonimo di Diana Wynne Jones del 1986.
Ma insomma, da chi abbia copiato Reeve, sempre che abbia copiato, importa poco. Macchine mortali è un film in cui tutti i pochi centri abitati rimasti, dai villaggi alle città, si muovono. Sono dotati di ruote e se ne vanno in giro per ciò che resta dell'Europa in un'incredibile scenario in cui le città più grandi divorano, letteralmente, le più piccole.
Il film inizia con la città di Londra che rincorre e divora un piccolo villaggio. Una degli abitanti del villaggio, Hester Shaw (la bella Hera Hilmar), una misteriosa ragazza col volto quasi completamente coperto da una sciarpa, tenta di uccidere Thaddeus Valentine (il sempre cattivo Hugo Weaving), un potente di Londra. L'omicidio viene sventato dall'intervento di un ragazzo, Tom Natsworthy (Robert Sheehan). I due, dopo un rocambolesco inseguimento all'interno della città, finiscono per essere espulsi attraverso uno scarico dei rifiuti e si ritrovano a dover sopravvivere all'esterno. Le vicende continuano fra scavatori, cannibali, ribelli multietnici e un "rinato" (cioè un essere umano divenuto più o meno un cyborg. Un cyborg steampunk ovviamente).
Insomma, questo è il trailer.
La pellicola ha ricevuto pesanti stroncature, ma questo non significa che debba essere per forza una schifezza. Ho come l'impressione che molte recensioni siano scritte da dei supernerd. Ne è un esempio Venom, che quasi tutti hanno stroncato, ma a me è piaciuto e non solo a me, dato che ha sbancato il botteghino, con oltre 800 dollari incassati in tutto il mondo!
Comunque partiamo da ciò che in Macchine mortali funziona. L'azione c'è. Il film è adrenalinico e lo spettatore, così come i personaggi, non ha un minuto di pausa. Anche gli scenari rendono veramente bene. Certo, con la CGI si può fare praticamente tutto, ma bisogna farlo bene. E le città erranti sono veramente belle. Non mi importa indagare su chi abbia copiato da chi, il risultato è più che buono.
Se proprio volessimo essere pignoli si potrebbe dire che le scopiazzature sono un po' troppo spinte, ma si potrebbe anche difendere la pellicola dicendo che si tratta di un film citazionista. Comunque, citazioni o no, a un certo punto sembra di vedere Guerre Stellari con la super arma della Morte Nera e gli aeromobili che la devono distruggere, cercando di non farsi abbattere dalla contraerea!
Anche gli attori fanno una buona prova. Hera Hilmar e Robert Sheehan se la cavano alla grande. E Hugo Weaving è una certezza. E persino di Christian Rivers, il regista, non si può che parlare bene, dato che non sembra per nulla un esordiente.
E allora perché tante stroncature?
Perché la CGI sarà anche fantastica, ma per fare un buon film servono anche e soprattutto una buona trama e una buona sceneggiatura. Io non ho letto il romanzo, per cui non so se la colpa sia di Reeve o di Jackson, ma qui la trama è veramente leggera.
Gli stereotipi si sprecano e la maggior parte di quello che avviene lo spettatore se lo immagina già in anticipo.
E poi, in un film che dura più di due ore, ci sono fin troppi elementi buttati lì un po' a casaccio per poi essere abbandonati. Ad esempio la città di Londra è rigidamente suddivisa in classi sociali. Peccato che la cosa, che ci viene volutamente fatta vedere, sia poco o nulla correlata con gli eventi e a un certo punto diventi irrilevante, dato che poi la storia va a parare su altro. Ci sono poi le due storie parallele, che, però, funzionano solo a metà. Hera e Tom sono ben sviluppati, soprattutto la prima, un po' meno il secondo, mentre vengono poco gestiti gli altri due ragazzi che vediamo sin dall'inizio e che restano all'interno della città, Katherine e Bevis. Addirittura Bevis a un certo punto inspiegabilmente non lo vediamo proprio più e nel finale praticamente scompare. Si percepisce che anche la loro storia dovrebbe essere importante e sospetto che nel romanzo abbiano avuto più spazio. Anche perché gestiti così hanno poco senso.
Altro elemento che dal romanzo al grande schermo è stato reso diversamente e meno efficace è la cicatrice. Stiamo parlando di un'opera per ragazzi, soprattutto il libro, ma direi anche il film e sui ragazzi ovviamente è tarata. Nel romanzo, però, c'è una scelta che va controcorrente. I protagonisti delle opere young adult sono tutti ragazzi belli e fighi. Ma per Hester le cose sono un po' diverse. Ha una cicatrice in viso. Nel romanzo non è una semplice cicatrice, ha perso un occhio, le manca un pezzo di naso e il volto è completamente deturpato. Cercando in internet qualche sua raffigurazione fatta prima dell'uscita del film si vede che il suo viso è orrendamente sfigurato. Hester è, suo malgrado, un mostro, ma Tom s'innamorerà comunque di lei. Non so fino a che punto si spinga Philip Reeve, ma qua gli elementi per parlare del diverso e della sua accettazione ci sono tutti, con risvolti che possono essere più che validi. In un'intervista Jackson ha dichiarato che nel film non hanno voluto osare tanto. Quando si legge, il cervello deve rielaborare e trattiene ciò che vuole, ma con le immagini non lo si può fare. Come avrebbero fatto i ragazzi spettatori a immedesimarsi coi protagonisti, se Hester avesse avuto quel volto? Ve l'immaginate Hunger Games con Jennifer Lawrence col volto completamente sfigurato? E infatti la cicatrice di Hester nel film è sì importante, ma resta comunque una bella ragazza. Anzi, la questione cicatrice (e soprattutto ciò che comporta) rimane tutto sommato sfiorata. All'inizio Hester tiene la sciarpa a coprire quasi interamente il volto, poi più nulla.
E dire che le immagini mozzafiato farebbero anche passar sopra a qualche dubbio di troppo, ad esempio non è chiaro come facciano a muoversi questi mastodontiche città. In un futuro in cui tutto è agli sgoccioli, comprese le fonti di energia, far muovere una città intera su ruote giganti è una follia. Ma lo accettiamo, fa parte della sospensione dell'incredulità. Sono molto peggio le debolezze della trama.
Peccato, perché le potenzialità c'erano tutte.
Da vedere, senza troppe pretese.
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