domenica 29 gennaio 2017

In time

Quando ci sono film che parlano del tempo, io cerco sempre di non farmeli scappare ed è scontato che questa pellicola del 2011 di Andrew Niccol prima o poi l'avrei vista. Per la verità questa volta non si tratta di viaggi nel tempo e relativi paradossi, quelli che piacciono a me, anche quando non li capisco, ma è indubbio che il tempo sia a suo modo uno dei protagonisti principali del film.
Ci sono molti modi di dire che riguardano il tempo. Ad esempio "vivere alla giornata" e "il tempo è denaro" sono due modi di dire metaforici di uso comune. Nel film In time, invece, diventano assolutamente reali, perché i protagonisti vivono realmente come se non esistesse un giorno dopo e il tempo è veramente denaro!
Ma andiamo nei dettagli.
Siamo in un futuro non ben precisato in cui l'umanità ha modificato la propria biologia con la genetica. Niente spiegazioni su come ci siamo arrivati, è così e basta, come piace a me. La fantascienza non deve commettere l'errore di perdersi nel cercare di spiegare qualcosa che probabilmente non è neppure possibile. La fantascienza è un espediente per parlare, a volte, della realtà. Quindi l'ambientazione è quella che è e lo spettatore la deve prendere così. L'importante è che sia credibile e regga.
Ma non perdiamoci.
Tutte le persone crescono regolarmente fino all'età di 25 anni, età raggiunta la quale l'invecchiamento del corpo si ferma e il tempo ancora da vivere è regolato da un timer che tutti hanno impresso nel braccio sinistro. Ogni individuo riceve un bonus di anni al 25° compleanno e tutto il resto della vita ognuno se la deve guadagnare da solo. Ad esempio lavorando si viene pagati in tempo. Ma il tempo serve anche per pagare tutte le necessità della vita, da un viaggio in taxi a una semplice telefonata, proprio perché il tempo ha preso il posto del denaro.
La città in cui si svolge il film è suddivisa in livelli. Nelle periferie vivono i più poveri, la maggior parte dei quali possiede appena il tempo per arrivare al giorno seguente. E così i poveri lavorano accettando anche condizioni di lavoro che sarebbero inaccettabili, perché se non lavorano... muoiono!
Ma a mano che si va verso il centro della città il tenore di vita migliora e le persone hanno più tempo. Fino al livello centrale, ove vivono i più ricchi, alcuni dei quali possiedono talmente tanto tempo da essere praticamente immortali, a meno che non muoiano di morte violenta. Anche nel gioco d'azzardo possono permettersi di giocare decine o centinaia di anni!
Il protagonista è Will Salas (Justin Timberlake), novello Robin Hood, che si troverà a rubare (tempo) ai ricchi per darlo ai poveri. Will Salas, che proviene dalle zone più povere della città, al suo fianco avrà Sylvia Weiss (un'Amanda Seyfried al meglio di sé, anche se non dal punto di vista recitativo...), figlia del ricchissimo (in termini di tempo) Philippe Weis.
Io credo che le idee su cui si basa In time siano veramente ottime e nel complesso il film è talmente pieno di simboli da far girare la testa.

Eppure c'è qualcosa che non va.
Perché qui si poteva fare un film in grado di entrare nella storia della fantascienza (addiruttura!. Vabbè, dai, mi sono un po' fatto prendere...) e, invece, Niccol ha scelto altro.
Niccol è uno che è partito con Gattaca, un film che effettivamente è entrato nella storia della fantascienza. Ma che, forse, è anche un film pesante e non adatto a tutti. Niccol è anche uno che ha scritto il soggetto e la sceneggiatura di un film del calibro di The Truman Show, quindi parliamo di un soggetto che con le buone idee ci sa fare.
Forse, però, con In time, che è la sua quarta pellicola, diretta 14 anni dopo Gattaca, pur partendo da buone idee, non ha voluto osare (o non ne ha avuto il coraggio) e ha preferito puntare, piuttosto che sugli onori, sul botteghino.
Fatto sta che il capolavoro In time (diciamo il capolavoro che poteva essere) si perde per strada e ne resta un film che si guarda sì bene, ma non pigia sull'acceleratore come avrebbe potuto.
Anche la scelta degli attori mi fa pensare. Certo, tutti gli abitanti (della città? Del pianeta?) hanno l'aspetto fisico da venticinquenni. Però questo include anche che debbano per forza essere tutti belli (soprattutto le donne)? Diciamo che è parzialmente accettabile, dato che qualcuno deve aver giocato con la genetica, quindi va bene trascorrere tutta la vita come se si fosse giovani, ma anche forti e belli.
Però sulla scelta dell'attore principale avrei qualcosa da dire.
Conosco Timberlake come cantante, anche se non è il miogenere, ma non come attore. Anche se a livello espressivo non mi sembra il massimo, devo dire che nel complesso la fisicità ce l'ha. Non per niente è anche un ballerino.
Però c'è qualcosa in lui e in come rende il personaggio di Will Salas che non va.
C'è che Will viene dai bassifondi ed è un soggetto abituato a vivere alla giornata (letteralmente), anche di espedienti. E, invece, Timberlake è un fighetto. Non c'è niente da fare, il suo aspetto è quello e rende molto meglio quando, per un espediente del film, si trova a essere un ricco ben vestito che si muove nel primo livello della città, rispetto a quella che dovrebbe essere la sua vera origine. E il suo passaggio dall'ultimo dei livelli al primo avviene con una naturalezza e una rapidità che sono poco credibili.
Rende meglio Sylvia che, invece, proviene dal primo livello finisce nell'ultimo e sembra sempre fuori posto.
Ma è tutta l'estetica (si dice così?) del film che ho trovato fuori luogo. Questo unito al fatto che, piuttosto che valorizzare i tanti simboli prosenti e, a veder bene ce ne sono parecchi, si sia preferito potenziare altro, ad esempio l'azione che, in un film del genere poteva anche essere ridotta al minimo.
Peccato.

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