Ancora una serie. E pensare che una volta le disprezzavo. Però dovete considerare che sono a casa in convalescenza per un intervento, quindi in un qualche modo devo far sera!
La mia prediletta è una miniserie TV tedesca uscita a fine 2023, che traspone sul piccolo schermo l'omonimo romanzo di Romy Hausmann, a sua volta ispirato ad alcuni terribili fatti reali.
Veniamo alla trama, con pochi spoiler, che la serie è ancora fresca e anche poche rivelazioni potrebbero rovinare la visione. Anche perché stiamo parlando di un thriller e a rovinare un thriller con le anticipazioni non ci vuole niente.
Una notte una donna scappa da una misteriosa casa nel bosco in cui sembra essere prigioniera insieme a una bambina di 12 anni e un bambino più piccolo. Durante la fuga la donna viene gravemente investita da un'auto e, insieme alla bambina Hannah, scappata anche lei, finisce in ospedale.
Tutto fa pensare che la donna sia Lena Beck (Jeanne Goursaud), scomparsa senza lasciare tracce ben 13 anni prima e probabilmente tenuta prigioniera da un uomo misterioso che i bambini chiamano papà.
A indagare sulla vicenda saranno Aida Kurt (Haley Louise Jones), incaricata dalla polizia locale e Gerd Bühling (Hans Löw) che si occupò del caso ai tempi della scomparsa di Lena e che sembra emotivamente coinvolto.
Entrano a questo punto in scena i genitori di Lena, Matthias (Justus von Dohnanyi) e Karin (Julika Jenkins, già vista in Dark) che non riconoscono Lena (l'attrice è infatti Kim Riedle), per quanto, incredibilmente, la bambina (Naila Schübert) sembri la loro figlia da piccola!
I misteri s'infittiscono. La trama, tutt'altro che lineare, viene svelata sfruttando numerose analessi e i dubbi, col passare del tempo, aumentano anziché diminuire. Nonché le puntate spesso terminano con dei cliffhanger che spingono verso una visione ossessiva delle poche puntate che compongono la serie.
Ma oltre a sfruttare analessi e cliffhanger, tutta la trama viene narrata con l'obiettivo di sviare più e più volte lo spettatore verso piste fasulle. Più e più volte tanto è vero che i sospetti sembrano cadere su certi personaggi, poi dalle informazioni che abbiamo sembra che questi personaggi non sia colpevoli, ma ancora i sospetti tornano su di loro. Qui sta la grande abilità dei registi Isabel Kleefeld e Julian Pörksen. Ovviamente non vediamo mai il viso del rapitore, se non da metà dell'ultima puntata, quando ormai la sua identità viene svelata, ma tutta la dinamica di quello che è successo e sta accadendo ci sarà completamente chiara solamente dopo la visione di tutte le puntate, perché così come procedono le indagini di Aida e Gerd, che passo dopo passo riescono a svelare i vari misteri, anche gli spettatori si trovano nelle stesse condizioni dei due investigatori.
Tutti bravi gli attori principali, che riescono a dare una tridimensionalità completa ai personaggi che interpretano e un plauso va sicuramente alla piccola Naila Schübert che interpreta l'ambigua Hannah. La bambina, infatti, risulta essere praticamente dall'inizio alla fine della serie (e immagino anche del romanzo), le chiave di tutta la trama. Non tanto ciò che ha spinto il rapitore alla follia di ciò che ha fatto, ma la chiave degli eventi che vengono narrati nelle sei puntate. Il comportamento di Hannah è inquietante e spesso è impossibile classificarla come vittima o come carnefice. Attenzione, ma non scrivo altro per non spoilerare, a non sottovalutare la dicotomia vittima/carnefice.
La mia prediletta è un thriller psicologico, crudele e fosco che riesce ad essere avvincente nella sua lentezza (le serie tedesche non sono propriamente frenetiche). I punti di vista variano rapidamente fra un personaggio e l'altro e il passaggio viene gestito magistralmente.
Forse sono presenti anche degli spunti che portano a delle trame morte e che avrebbero potuto essere approfonditi. La concretezza teutonica ha portato alla realizzazione di una miniserie di soli 6 episodi che rimangono fedeli al romanzo di partenza. Se l'opera fosse stata prodotta altrove probabilmente gli episodi sarebbero diventati il doppio e a queste trame morte si sarebbe dedicato più tempo. Ma qui non si perde di vista l'obiettivo centrale e forse proprio per questo la tensione resta alta dal primo fotogramma fino all'ultimo.
Le recensioni che avevo letto erano tutti positive e mi sento di confermarle.
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