Quando Dio imparò a scrivere è una pellicola del 2022 tratta da un romanzo di Torcuato Luca de Tena diretto e sceneggiato da Oriol Paulo (Oriol è il nome) che su questo blog abbiamo già conosciuto col fantascientifico Durante la tormenta. E se vi ricordate bene, Durante la tormenta è uno di quei film in cui tutti i tasselli del puzzle costruito dal regista si mettono in ordine solo alla fine. Ecco, questo deve essere uno stile che a Paulo piace molto, perché anche Quando Dio imparò a scrivere ricade perfettamente in quella categoria e anche di più. Si tratta di un film che nell'edizione italiana ha un titolo abbastanza bizzarro, che non ha nulla a che vedere col titolo originale (Los renglones tocidos de Dios, le contorte linee di Dio).
Poche parole per descrivere la trama.
Siamo nel 1979 e Alice Gould de Almenara (Bárbara Lennie) è un'investigatrice privata. Chiamata a indagare sulla misteriosa morte di un paziente di un ospedale psichiatrico da parte del padre del deceduto, García del Olmo, Alice decide di intrufolarsi all'interno della struttura fingendo di essere essa stessa una malata di mente. Con l'aiuto del dott. Donadío (Lluís Soler) che le ha preparato una lettera di presentazione per il direttore dell'ospedale, Samuel Alvar (Eduard Fernández) e la firma del marito Heliodoro (David Selvas) ottenuta con l'inganno, Alice viene quindi ricoverata.
La lettera di presentazione è però inquietante. Alice viene infatti descritta come molto pericolosa, perché avrebbe tentato di avvelenare il marito. E' descritta inoltre come una donna molto intelligente e abile nel manipolare il prossimo, in grado di inventare bugie su bugie per volgere la situazione del momento in proprio favore.
All'interno del manicomio Alice inizia quindi a conoscere sia il personale sanitario, sia i pazienti, quali Ignacio Urquieta (Pablo Derqui), affetto da idrofobia, il nano Ojeda, maniaco sessuale e unico amico del gigante chiamato l'uomo elefante (Francisco Pastor), i due gemelli Romulo e Remo, entrambi ritardati, nati dentro il manicomio, il secondo incapace di parlare e il primo estremamente protettivo nei confronti di Remo e di una ragazza autistica che lui considera sua sorella e molti altri.
E poi...
E poi mi fermo, perché il film va visto e la trama va svelata un po' alla volta.
Paulo comunque è molto furbo, perché alterna le immagini della vita di Alice dentro al manicomio anche con un episodio in cui qualcuno ha liberato i matti e ha tentato di dar fuoco ad alcuni locali della struttura, episodio durante il quale un paziente è stato ucciso.
ATTENZIONE SPOILER.
Impossibile parlare di questo film senza tentare una spiegazione del finale e quindi diventa inevitabile fare spoiler.
Il fatto è che l'episodio intervallato non abbiamo idea se si sia svolto prima dell'arrivo di Alice o se sia un episodio successivo. Dato che l'investigatrice si trova lì per indagare sulla morte di un paziente, siamo portati a pensare che l'episodio sia proprio quello della sua morte, ma alcuni dettagli, che non possiamo cogliere senz'aver visto tutto il film, dovrebbero farci venire dei dubbi.
Perché dei dubbi? Perché a un certo punto il direttore Alvar inizia a farci capire che forse Alice non è lì dentro per portare avanti un'indagine, ma perché è veramente pazza e ha veramente tentato di uccidere il marito. Mentre Alice cerca di farci capire che il marito Heliodoro, in accordo con Alvar, l'ha voluta rinchiudere per rubarle tutti i soldi. E il problema è che Alice è stata descritta come una falsa patologica. Fin da subito. Lo sappiamo che potrebbe essersi inventata tutto, ma è anche un'abile manipolatrice e quindi riesce a manipolare parte dei medici, dei pazienti e anche il pubblico!
Per buona parte del film quindi restiamo nel dubbio se Alice sia lì dentro per investigare o se sia lì dentro perché è una paziente del manicomio. Così come non sappiamo se Alvar sia un uomo lungimirante che ha capito tutto o se sia parte del complotto.
Il film è molto lungo, più di 2 ore e mezza, che per un film di questo tipo è parecchio, ma nel finale, quando tutti i pezzi del puzzle iniziano a trovare il posto giusto, le cose sembrano velocizzarsi. Anche perché il finale ci permette di rivedere nella nostra mente e in parte anche sullo schermo tutto il film. E la tesi di Alice sembra quella vincente. Tranne per l'ultima scena. Alvar si è dimesso e ha perso. Alice ha dimostrato di essere realmente un'investigatrice privata incastrata dal marito. Ma Alvar fa arrivare il dott. Donadío, che fino ad allora non era stato rintracciabile, perché impiegato in un convegno. Ricordiamoci che la pellicola si svolge nel 1979. Oggi, coi mezzi di comunicazione e coi social che abbiamo, sarebbe stato impossibile non riuscire a rintracciare una persona. Ma il dott. Donadío è l'uomo che ha portato Alice al manicomio (che invece avrebbe dovuto essere García del Olmo). E dagli occhi di Alice (Bárbara Lennie) sembra di capire che il suo grande inganno è stato svelato. Un indizio per la verità l'avevamo già avuto, quando effettivamente era stato convocato García del Olmo, il vero García del Olmo e Alice non sapeva di chi fosse. Si era inventata tutto! E, soprattutto, aveva ingannanto il pubblico, perché tutti, seppur col dubbio, avevamo voluto che la sua verità fosse LA verità.
Questo è sicuramente un pregio enorme della pellicola di Oriol Paulo: non capire fino alla fine quale sia la verità e, soprattutto, aver creato un personaggio che riesce abilmente a ingannare prima di tutti il pubblico. E a essere sinceri le ambiguità sono talmente tante che, anche dopo la scena finale, non potrei mettere la mano sul fuoco sul fatto che Alice sia realmente malata di mente e che invece non sia reale il complotto ordito a suo danno. E se Heliodoro fosse in combutta sia con García del Olmo, sia con Alvar? Comunque anche questa ipotesi non necessariamente viene smentita dai vari indizi. Oppure Alice è stata talmente brava da ingannarci e a manipolarci al punto da far sì che siamo noi a decidere quale sia la verità giusta, che è anche quella che a lei conviene di più!
Guardando Quando Dio imparò a scrivere è inevitabile sentire l'eco di un'altra celebre pellicola che si svolge in un manicomio, niente meno che Shutter Island di Martin Scorsese del 2010 con Leonardo DiCaprio e diciamo che le due pellicole, al di là dell'ambientazione, hanno parecchi elementi in comune. Sul manicomio Oriol Paulo ha lavorato molto. Gli ambienti, gli spazi, gli ospiti. E quando Alice scopre di non poter uscire, si empatizza con lei e con la sua condizione, in cui il mondo che ci circonda ci vuole ingabbiare in una situazione dalla quale vorremmo uscire, perché non ci piace, ci fa soffrire, ma tutto sembra impedircelo. Forse anche per questo Alice diventa la nostra eroina. Tifiamo per lei, sperando che riesca a trovare la soluzione per uscire dal manicomio, dalla gabbia che il mondo ci ha costruito attorno, anche se non è detto che Alice sia realmente quello che ci vuol far credere di essere.
Una pellicola particolarmente riuscita, inquietante e abile nel predisporre un gioco di inganni fra la protagonista e gli spettatori.
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