A parte il mezzo passo falso del prequel (“Il primo re di Shannara”), che comunque a molti è piaciuto, i primi romanzi della saga
hanno avuto successo (e, aggiungo io, sono anche più che discreti),
quindi si continua. E così Brooks inizia a scrivere ciò che è accaduto
dopo al Ciclo degli eredi di Shannara.
In realtà dal 1997 al 1999 ha scritto anche una trilogia di genere fantasy urbano che si svolge ai giorni nostri e che solo più avanti
collegherà a Shannara, ma ne parleremo nella terza parte, ossia in quei
romanzi dedicati ciò che è avvenuto prima.
Brooks, per scrivere il suo primo romanzo si è, diciamo così,
“ispirato” al Signore degli Anelli di Tolkien, trilogia che ha un finale
che più finale non si può. Il male viene definitivamente sconfitto e
buonanotte a tutti. Nella saga di Shannara non c’è la personificazione
del male, l’antagonista supremo, per cui in teoria si può proseguire in
eterno (e Brooks si sta già fragando le mani…).
Il nostro autore ha un’idea: dato che il suo mondo ultrafantasy è
ambientato nel lontano futuro del nostro mondo reale, perché non unire
il fantasy alla fantascienza? Perché non far muovere i soliti personaggi
in un ambito fantascientifico, magari postapocalittico? L’idea è buona
ed è stata sviluppata su tre romanzi scritti dal 2000 al 2002, che vanno
a costituire una trilogia, “Il viaggio della Jerle Shannara”, composta
da “La Strega di Ilse”, “Il labirinto”, “L’ultima magia”.
Brooks ha iniziato a scrivere praticamente un romanzo l’anno e le
buone idee hanno finito per perdersi in uno sviluppo troppo debole. Gli
abitanti delle quattro terre hanno sviluppato una nuova tecnologia (che
Brooks prova anche a spiegare con qualche supercazzola) che permette di
costruire navi volanti. Grazie a queste, il solito gruppetto di eroi
improvvisati e riluttanti (fra cui gli eredi delle ormai immancabili
famiglie Ohmsoford, Leah ed Elessedil), guidato dal Walker Boh
conosciuto nei romanzi precedenti, arriva in un nuovo continente, dove
dovrà affrontare supercomputer impazziti, robot e raggi laser.
La scrittura di Brooks è semplice (e si è semplificata negli anni) ed
efficace, ma la trilogia non rende. I personaggi ricordano troppo
quelli già letti, a parte Truls Rohk che è ben riuscito e
l’ambientazione non convince fino in fondo.
Le vendite però non devono essere andate male, dato che ormai c’è uno
zoccolo duro lettori che comprano qualsiasi libro esca legato alla saga,
ma non sono mancate le critiche. E allora Brooks scrive, senza
fermarsi, dal 2003 al 2005, una nuova trilogia: “Il druido supremo di
Shannara”, composta da “Jarka Ruus”, “Tanequil” e “La regina degli
Straken”. Anche questa volta l’idea di partenza è ottima: cosa c’è al di
là del Divieto? Cosa accadrebbe a un umano se venisse inviato oltre il
Divieto in mezzo ai demoni? E se questo umano fosse qualcuno dotato di
magia, che è stato malvagio, ma è diventato buono e che per sopravvivere
fosse obbligato a risvegliare il suo lato oscuro?
Da queste ottime idee parte una trama il cui sviluppo è solo un abbozzo
(questa volta non c’è il solito Leah, ma non mancano i soliti Ohmsford),
con alcuni personaggi dalle ottime potenzialità che non vengono
sviluppati, personaggi la cui trama viene troncata senza motivo (come
Tael Riverine, il capo supremo dei demoni, la cui trama finisce nel
nulla), vicende buttate lì a caso ed elementi copiati dai vecchi romanzi
(ragazze che si devono trasformare in alberi, la magia che chiede un
sacrificio, demoni camaleontici che scorrazzano nelle quattro terre,
ecc. Tutte idee valide, ma già lette nei primi romanzi. E ciò da cui ci
si poteva aspettare di più, il Divieto, non rende come avrebbe dovuto.
Peccato, perché la parti che si svolgono nel Divieto sono quelle che
contengono le idee migliori.
Dal 2013 al 2015 Brooks ha scritto una nuova trilogia, “Gli oscuri
segreti di Shannara” e nel 2015 ne ha iniziata un’altra che quest’anno è
arrivata al secondo volume, “I difensori di Shannara”. Ma quando,
leggendo le sinossi, ho visto che si parlava della ricerca delle pietre
magiche, di intrighi fra duridi, di elfi che avevano abbandonato le
quattro terre, di gente imprigionata nel Divieto e dell’Eterea che sta
morendo, ho lasciato perdere.
Va bene ispirarsi e citare. Ma quando un autore inizia a copiare se stesso…
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