Eccoci arrivati a Venti di Morte, settimo libro della lunga e
innovativa saga fantasy dello scrittore canadese Steven Erikson Il Libro
Malazan dei Caduti, il mio preferito (ma al momento sto terminando il
nono e devo ancora leggere il decimo).
Con questo romanzo, che unisce la seconda linea narrativa (La Dimora Fantasma, La Casa delle Catene, I Cacciatori di Ossa) con la terza (Maree di Mezzanotte)
inizia definitivamente la convergenza finale. Venti di Morte è un
romanzo sostanzialmente diviso in due parti. Nella prima parte vediamo
cos’è diventato l’Impero Letherii dopo la conquista dei Tiste Edur e
nella seconda parte… arrivano i Cacciatori di Ossa Malazan…
La conquista dell’Impero da parte degli Edur non ha prodotto i
risultati voluti, perché se la guerra è stata militarmente vinta dai
Tiste seguaci di Padre Ombra, in realtà l’Impero Letherii è rimasto
quello di sempre. Sono solo cambiati i vertici. Ora sul trono siede un
Edur, l’ormai pazzo Rhulad Sengar, l’Imperatore dalle Mille Morti, colui
che impugna la spada del Dio Storpio e grazie al Dio Storpio è
ritornato dalla morte.
Ma l’Impero è di fatto ancora governato dai Letherii e non è stato
particolarmente sconvolto dalla guerra. Rhulad è circondato dagli umani e
gli altri Edur riescono a fatica ad avere contatti con lui. Anche
l’ambizioso Hannan Mosag, sempre più corrotto anche nel fisico dal
potere del Dio Storpio, non ha raggiunto nessuno dei suoi obbiettivi e
si trova ai margini del potere. Mentre Rhulad è ormai impegnato
unicamente a trovare un degno avversario che lo possa affrontare, il
potere è praticamente nelle mani dell’umano Karos Invictad, che sta
soffocando nel terrore ogni minima ipotesi di insurrezione. Nelle
grinfie di Karos cade anche l’estroso, geniale, bizzarro e sfrontato
Tehol Beddict.
Per garantire nuovi avversari per il loro Imperatore, i Tiste Edur si
sono imbarcati alla ricerca di nuovi campioni provenienti da altri
continenti. Così facendo, però, hanno attirato sul loro martoriato
continente alcuni pericolosi soggetti come Icarium, Karsa Orlong e…
tutti i Cacciatori di Ossa. I poteri che stanno convergento sul
continente di Lether sono sempre più elevati. Non appena Icarium sbarca
sul continente, la terra trema!
La parte del romanzo che ho preferito è la seconda, dove l’Aggiunto
Tavore Paran ha diviso in due il suo esercito. Mentre i Cacciatori di
Ossa che sono rimasti con lei attendono il colpo finale, i restanti,
suddivisi in squadre composte da piccolissimi gruppi, hanno iniziato una
capillare invasione che mira a evitare lo scontro diretto e sfinire la
resistenza del già provato Impero di Lether, consumato dalla guerra che
ha portato al potere i Tiste Edur e dalla ribellione del popolo degli
Awl, ora guidati dalla misteriosa Maschera Rossa, un uomo che viene
riconosciuto da due K’Chain Che Malle come Spada Mortale.
Nell’invasione dell’Impero da parte dei Malazan, Erikson riesce a
dare il meglio di sé, raccontando tanti piccolissimi episodi che le
squadre di Cacciatori di Ossa si trovano a dover affrontare. Fra questi
ce n’è uno, quello del mago Beak, un uomo probabilmente ritardato, ma
con capacità magiche, che mi ha fatto veramente venire i brividi, per
come è stato scritto e per come si concluderà.
L’episodio migliore dell’intero romanzo vede protagonista il
micidiale geniere Fiddler (Violinista nella nuova edizione, ma io sono
affezionato al vecchio nome non tradotto) che, insieme al redivivo Hedge
e al mago Ben lo Svelto (non a caso sono tutti e tre Arsori di Ponti),
sui palazzi dell’assediata capitale dell’Impero affontano nientemeno che
il Soletaken Silchas Ruin nella forma di un gigantesco drago bianco.
Una delle immagini che più mi rimarrà in mente di tutto il romanzo e
forse dell’intera saga è quella che vede Fiddler in piedi con la sua
micidiale balestra lanciagranate Moranth su una spalla, che guarda un
Silchas Ruin mal ridotto e in fuga e dice “Non è la tua battaglia, fottuto bastardo“.
C’è da dire che ormai Erikson ha raggiunto la piena e totale
“maturità” di quello che è ormai chiaramente riconoscibile come il suo
stile unico e insolito. Le descrizioni sono spesso limitate e scarne,
per far spazio ai dialoghi fra i personaggi e anche ai loro pensieri. In
ogni capitolo si salta da una trama all’altra e da una personaggio
all’altro, senz’avere mai dei veri protagonisti e con i salti della
narrazione cambiano anche i punti di vista. Gli eventi che si succedono
non sono solo fini a sé stessi o alla trama del romanzo o della saga, ma
servono per dar voce alle considerazioni di Erikson sulla vita,
sull’amicizia, sulle guerre, ecc. L’approccio è volutamente criptico e a
volte enigmatico, con i nomi dei soggetti principali di ogni singola
narrazione che vengono svelati molto spesso solamente dopo parecchie
righe e a volte anche dopo pagine intere. E la macrotrama principale,
talmente ingarbugliata e legata alle innumerevoli sottotrame e
microtrame che viene svelata a piccoli pezzetti, inducendo il lettore a
formulare teorie su teorie.
Venti di Morte, come tutti i libri di Erikson, è un romanzo che
contiene un inizio e una sua fine, ma è anche un romanzo che prepara al
gran finale, che occuperà il nono e il decimo romanzo. Prima, però,
occorre terminare alcune delle vicende rimaste in sospeso sul continente
di Genabackis.
Io ho letto la vecchia edizione, quella della vecchia Armenia, divisa
in due distinti volumi e ho rilevato dei fastidiosi errori di
traduzione, per quanto le traduttrici siano sempre le stesse dei volumi
precedenti. Ad esempio alcuni personaggi che hanno un nome non di
fantasia, ma vengono chiamati attraverso un soprannome che corrisponde a
una parola esistente, sono stati tradotti nei romanzi precedenti e non
tradotti i questo. Un’altra scelta discutibile è quella della traduzione
della parola sapper. Negli eserciti Malazan spesso compaiono queste
figure, i sapper e alcuni dei personaggi più riusciti, come la micidiale
coppia Hedge e Fiddler ne fanno parte. Cosa sono i sapper? In italiano è
possibile tradurre la parola in tre modi diversi: zappatore, geniere e
guastatore. Nei primi romanzi è stata scelta la parola zappatore che, in
italiano, corrisponde a quel tipo di soldato che fa parte del genio
militare e che è specializzato nello scavare trincee (quindi sono quelli
che vanno sul campo di battaglia quando le trincee non ci sono ancora e
non sono protetti) o a distruggere le fortificazioni nemiche con la
costruzione di gallerie sotterranee. Calza a pennello con i sapper
dell’esercito Malazan. I sapper di Erikson sono proprio questo. Poi a un
certo punto hanno iniziato a utilizzare le mine e le munizioni Moranth.
Eventualmente si potrebbe tradurre anche con guastatori, soprattutto
considerato ciò che sono diventati. Genieri è quella, delle tre, che
calza di meno. Comunque sia, nella prima edizione, questa parola è stata
tradotta, a partire da questo romanzo, con genieri. La parola genieri è
rimasta anche nei successivi romanzi della nuova edizione. Capisco che
tradurre migliaia di pagine non sia semplice, ma i molti percepibili
errori sono piuttosto fastidiosi.
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