In guerra per amore è la seconda opera dietro la cinepresa del poliedrico Pierfrancesco Diliberto, meglio noto al pubblico come Pif che, ancora una volta, torna sul grande schermo a parlare di mafia.
Per la verità In guerra per amore si pone inizialmente più come una commedia e tende a nascondere quasi fino alla fine, nel bene e nel male, gli obiettivi del suo regista, nonché sceneggiatore insieme a Michele Astori e Marco Martani, che già lo affiancarono nella scrittura della precedente opera, La mafia uccide solo d'estate.
Ma andiamo alla trama.
Siamo negli Stati Uniti, a New York, durante la Seconda Guerra Mondiale e seguiamo le vicende di Arturo Giammarresi, lo stesso Pif, un immigrato siciliano senz'arte né parte che lavora, senza troppo successo, in un ristorante. Arturo è innamorato, corrisposto, di Flora Guarneri (la bella Miriam Leone), nipote del proprietario del ristorante. Peccato che...
Flora sia promessa sposa, contro la sua volontà, a Carmelo, figlio del braccio destro di Lucky Luciano, un personaggio realmente esistente, facente parte della cosca mafiosa siciliana statunitense. L'unica maniera immaginata da Arturo e Flora per coronare il loro amore è che il ragazzo trovi il modo di andare in Sicilia a chiedere la mano di Flora al padre e così rompere la promessa di matrimonio fatta dallo zio. Da qui iniziano gli episodi tragicomici del povero Arturo che, pur non avendo i soldi per intrapredere un viaggio in Sicilia, si trova casualmente arruolato nell'esercito e, sempre in maniera abbastanza casuale, diviene oggetto di una surreale missione che ha come scopo liberare Philip Catelli (Andrea Di Stefano), il militare americano, anch'esso di origine italiana, che era in missione per ricevere una lista di mafiosi da liberare in cambio della garanzia fornita dalla mafia locale (Don Calò) di uno sbarco senza sparatorie. Philip Catelli, che è finito per essere prigioniero di un ottuso pastore, ha una sorte non migliore di quella di Arturo che, nel tentativo di liberarlo, diventa prigioniero egli stesso, fino a quando non arriveranno gli altri americani a liberare entrambi.
E così la storia procede, descrivendoci l'insediamento dei soldati statunitensi nel paese di Crisafulli (proprio quello dove, da qualche parte, risiede il padre di Flora!), con le prime incompresioni fra la cultura americana e quello siciliana, i contatti e gli accordi con la mafia e la lenta ricostruzione di una società stravolta dal Fascismo e poi dalla guerra. Facciamo anche la conoscenza di alcuni personaggi caratteristici, come Teresa (Stella Egitto), una madre in attesa della liberazione del marito soldato di cui non ha più notizie, Mimmo e Agostino, due poveracci, uno cieco e l'altro zoppo, che vivono di espedienti e lo stesso Don Calò (Maurizio Marchetti) e i suoi scagnozzi. Così come nasce un rapporto di amicia fra Arturo e Philip, entrambi immigrati italiani in America, ma il secondo, probabilmente di seconda generazione, molto più integrato e legato al dovere e all'appartenenza al nuovo Stato di cui fa parte, mentre il primo impegnato solamente a trovare il padre della sua innamorata.
In guerra per amore è un film che funziona, durante la cui visione si sirride e si ride anche di gusto, ma non mancano elementi di riflessione anche importanti.
Pif si rivela sia un bravo sceneggiatore che riesce a mettere in piedi una storia credibile (seppur con qualche semplificazione e qualche coincidenza di troppo) che segue un suo percorso senza incorrere in momenti di stanca, sia come regista che, pur non ricercando l'originalità, mette in mostra un suo stile personale e gioca con qualche citazione e rimando. Quando Arturo sorvola Crisafulli in groppa a un asino e il figlio di Teresa vede l'improbabile "asino che vola" non è possibile non pensare alla famosa scena del piccolo Giosuè che vede il carroarmato entrare nel campo di concentramento del celebre La vita è bella di Benigni.
Ma l'obiettivo di Pif non è dirigere un film leggero. Certo, tutta la parte divertente e le scenette più o meno comiche ci stanno e sono volute, ma l'oggetto del film è quell'ultimo quarto d'ora in cui tutto precipita. Ultimo quarto d'ora introdotto da molti elementi disseminati lungo tutta la peccola e che abbandona la comicità, per rivelare come il lavoro di Pif sia un'opera di denuncia su come la mafia abbia utilizzato la seconda guerra mondiale per ottenere ancora più potere e, anzi, per istituzionalizzare il potere che già aveva. Per denunciare come in Italia si sia giocata una partita ben più ampia della Liberazione, nella quale noi siamo stati sì liberati, ma anche vittime di accordi dei quali siamo rimasti all'oscuro.
Il comunque buon film e la buona storia raccontata da Pif hanno un valore ben più alto di quello che poteva sembrare dalla visione della pellicola e quegli ultimi 15 minuti lasciano con l'amaro in bocca, perché Pif ci sbatte in faccia una realtà del nostro passato recente che ha condizionato nel male la nostra storia. Questa scelta narrativa dell'autore, però, racchiude il buono, ma anche il cattivo del film. Probabilmente se il film fosse stato una sorta di documentario sugli accordi fra l'esercito USA e la mafia siciliana e l'origine del sistema delle infiltrazioni mafiose nella politica della nuova Italia nata dal conflitto mondiale, probabilmente sarebbe stato una palla e non sarebbe arrivato a tutti quegli spettatori che, invece, In guerra per amore è riuscito a raggiungere. Però avrei apprezzato una spinta maggiore proprio in quella direzione che lo stesso regista, seppur in maniera non troppo aggressiva, voleva raggiungere. Perché Don Calò per la maggior parte della pellicola risulta più una macchietta che un criminale e temo che nel complesso la denuncia di Pif finisca un po' troppo annacquata.
Un'altra scelta che mi lascia un po' perplesso è quella dei luoghi comuni. Io sono nato e cresciuto in un altro luogo d'Italia e faccio parte di un'altra generazione, per cui non so come fosse la Sicilia del 1943, ma nel film tutti i luoghi comuni sui siciliani sono stati messi in scena. Capisco che questi si siano rivelati molto spesso l'espediente per generale molte delle scene divertenti meglio riuscite, ma Pif, egli stesso siciliano, così non aiuta certo i suoi compaesani ad affrancarsi da quei luoghi comuni che tutta Italia, anzi, tutto il mondo associa a loro. A meno che questo non sia voluto.
Ma al netto delle critiche, che ci stanno e per onestà sono dovute, In guerra per amore resta un ottima pellicola che consiglio. Sia per farsi due risate, sia per vedere una buona storia, sia per ricordare quel passato così vicino, ma così ignorato, che ha portato, purtroppo, all'Italia che conosciamo.
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