Finalmente il tanto atteso romanzo conclusivo della saga dello strigo
Geralt di Rivia, insolita saga composta da 2 raccolte di racconti e 5
romanzi veri e propri.
Cosa dire di questo ultimo romanzo? Se il precedente, La Torre della Rondine,
si era rivelato il migliore fra quelli pubblicati, sicuramente questo
riesce a superarlo. Ancora una volta Sapkowski gioca con la narrazione,
utilizzando e intrecciando continui flashback e inserendo molti punti di
vista diversi.
Le tre linee narrative ormai assestate nel romanzo precedente, quella
di Ciri, quella della compagnia di Geralt e quella Yennefer convergono
finalmente e drammaticamente in quest’ultimo romanzo. Se da un lato
continuano le peregrinazioni di Ciri, ora addirittura fra mondi diversi,
dall’altro Geralt sembra trovare finalmente la pista giusta e si
incammina definitivamente alla ricerca della sua protetta. Resta più
debole la linea narrativa di Yennefer, anche perché la maga è bloccata,
in quanto prigioniera di Vilgefortz.
Continua a svilupparsi anche l’ambientazione nella quale si svolgono
le vicende di Geralt e degli altri protagonisti. Il conflitto fra
l’impero di Nilfgaard e i regni del nord, i cosiddetti Nordling, giunge
al suo apice. Tutti i Nordling si sono riuniti e affrontano i
Nilfgaardiani in qualla che diventerà famosa come la Battaglia di
Brenna, alla quale viene dedicato un intero lunghissimo capitolo.
Nessuno dei protagonisti principali partecipa alla Battaglia di Brenna
eppure il capitolo risulta forse il più bello dell’intero romanzo e
forse dell’intera saga. Non mancano gli episodi di eroismo, ma la
battaglia viene descritta da Sapkowski come un bagno di sangue e
l’autore polacco ci fa chiaramente capire come in guerra forse non è
sempre chiaro chi sia a vincere, ma non c’è dubbio su chi sia a perdere.
Vengono descritti innumerevoli personaggi che partecipano al complitto,
perché obbligati, per ambizione, per denaro, per idealismo, ecc. La
maggior parte di questi finisce per morire malamente, come avviene in
ogni guerra. Non manca, alternato agli episodi di combattimento, il
punto di vista di un chirurgo di guerra che cerca di salvare più persone
possibile, indipendentemente dalla casacca che indossano.
Per quanto riguarda, invece, i protagonisti principali, il finale è
quanto mai emozionante. Occhio, d’ora in poi ci sarà qualche spoiler! La
strana e improbabile famiglia composta da Geralt, la sua amata Yennefer
e quella che è diventata per entrambi come una figlia, Ciri, riesce a
riunirsi, proprio durante la resa dei conti con i principali
antagonisti, Vilgefortz, Bonhart, Emhyr var Emreis, non senza
spargimenti di sangue e sorprese. Sapkowski è abile anche nel descrivere
il mondo dopo la guerra. L’arrivo della pace non significa che i
problemi siano finiti. I conflitti, anche se non armati, fra gli Stati
continuano, così come gli episodi di intolleranza e razzismo. Proprio
l’episodio finale del romanzo si svolge nel bel mezzo di un pogrom nei
confronti dei nani che, da eroi di guerra, sono ben presto tornati a
essere considerati subumani da incolpare di ogni male.
Quello di Sapkowski rimane un mondo cupo, che nasce prendendo spunto
dalle fiabe europee più famose, ma che finisce sempre per trasformarsi
nel crudo mondo reale, un mondo dove il lieto fine non c’è mai e anche
quando, seppur nel dramma, le cose sembrano andare nel verso giusto,
succede sempre qualche evento che complica tutto.
Sapkowski si conferma dunque un autore non adatto agli amanti del
lieto fine, un autore che si congeda da questa lunga saga con un finale
che, seppur lasciando adito a numerose interpretazioni, sicuramente non
può essere definito lieto. Eppure bellissimo.
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