martedì 28 agosto 2018

Ant-Man and the Wasp

Finalmente è arrivato al cinema il sequel dello scanzonato Ant-Man, ventesimo capitolo del Marvel Cinematic Universe. Il primo film, uscito tre anni fa, fu un grandissimo colpo. La pellicola totalmente dedicata al poco conosciuto eroe in grado di diventare minuscolo e costata "appena" 130 milioni di dollari, la meno costosa di sempre dell'epopea Marvel, ne incassò quasi 520, arrivando nelle sale dopo il pirotecnico Avengers: Age of Ultron e prima del drammatico Captain America: Civil War.
Poi Paul Rudd, col suo Scott Lang/Ant-Man l'abbiamo visto poco. Un breve passaggio in Civil War e completamente assente negli altri film (ma in effetti ci aveva poco a che fare). Misteriosamente assente anche nel grandioso Avengers: Infinity War, tanto che un po' tutti ci siamo chiesti i motivi dell'assenza. Cioè, senza perderci il sonno...

Diciamo la verità Ant-Man (mi riferisco ai film, non ai fumetti o ai cartoni animati) è sempre stato un personaggio un po' ai margini del Marvel Cinematic Universe. Nel bene e nel male. Perché se da un lato l'amico delle formiche non ha potuto beneficiare dell'ormai grandiosa macrotrama degli altri film, rientrando in un meccanisco ben oliato che sembra non sbagliare più un colpo, dall'altro questo rimanere un po' fuori dal coro gli ha permesso di muoversi senza troppi vincoli.
Ma veniamo alla trama, ovviamente senza spoiler.
La storia parte con Scott Lang che, dismessi i panni di Ant-Man, vive agli arresti domiciliari, a causa della sua partecipazione allo scontro fra gli Avengers (Captain America: Civil War) in violazione degli Accordi di Sokovia. Evento che ha costretto Hank Pym e la figlia Hope Van Dyne a mollare Lang e vivere da fuggitivi.
Da qui parte una trama bizzarra, con più linee narrative che s'intrecciano. Hank Pym, l'inventore del costume di Ant-Man e la figlia Hope, che ha ereditato il costume della madre, Janet Van Dyne, diventando Wasp, hanno l'obiettivo di ritrovare Janet, dispersa nel regno quantito dell'infinitamente piccolo. Scott ha l'obiettivo di rimanere fuori dai guai, cosa per lui impossibile, a sufficienza per terminare il periodo di arresti domiciliari. Janet si serve di Scott che nel primo film è entrato nel regno quantico e ne è uscito per far arrivare un messaggio al marito e alla figlia. Sonny Burch, pezzo grosso del mercato nero elettronico vuole mettere le mani sulle invenzioni di Pym e il misterioso Fantasma, personaggio quasi imbattibile, vuole più o meno la stessa cosa cosa di Sonny, ma per motivi oscuri. Nel mezzo il povero poliziotto Jimmy che vorrebbe incastrare Scott.
E così il film procede con piccoli colpi di scena, stravolgimenti di fronti, personaggi che passano dall'essere nemici ad alleati e viceversa. Il tutto, come nel primo episodio, senza mai prendersi troppo sul serio, viaggiando ai limiti fra il film supereroistico e la commedia demenziale, rinvigorendo l'ormai saldissimo legame del Marvel Cinematic Universe con la comicità, leggermente attenuato dai toni drammatici dell'ultimo Avengers: Infinity War.
Chiariamo subito un dubbio.
Per tutto il film l'unico legame degli avvenimenti narrati con il Marvel Cinematic Universe sono solamente gli episodi più volte citati di Captain America: Civil War e non si capisce come questo capitolo possa succedere al precedente Avengers: Infinity War. La spiegazione, che ovviamente non rivelo, arriverà solamente nella prima scena dopo i titoli di coda. Che se c'è una cosa che la Marvel ci ha insegnato è che i film si guardano fino all'ultimo secondo, regalando un po' di dignità a quell'infinità di nomi che compaiono alla fine delle pellicole.
Ma questo Ant-Man and the Wasp funziona?
Eccome se funziona!
Il modello del primo capitolo viene ripreso pari pari. Scott Lang resta un eroe buono, ma involontario e pasticcione, Hank Pym e Hope riprendono le parti del primo film, con Hope molto più protagonista (qui diventa finalmente Wasp) e il trio comico degli stralunati aiutanti di Scott capitanati da Luis (Michael Peña) che regalano simpatiche scenette surreali. Nel film non c'è un vero cattivo. Sonny Burch è una mezza tacca, più una seccatura che un villain e Fantasma rimane un personaggio ambiguo fino alla fine, anch'esso non un reale villain. Fra l'altro lo scopo dei protagonisti non è banalmente sconfiggere un cattivo, come nella maggior parte dei film supereroistici, ma raggiungere un altro obiettivo: liberare una persona.
Ant-Man and the Wasp sicuramente è un film imperfetto e certamente non memorabile, ma risulta un riuscitissimo film per la famiglia.
C'è anche una stranezza.
L'inquietante personaggio di Fantasma (la bella Hannah John-Kamen) nei fumetti è un maschio ed è un avversario di Iron Man, non di Ant-Man. Curioso come i due supereroi si siano nuovamente incrociati nel passaggio da un media all'altro (Ultron nei fumetti erano stato inventato da Hank Pym, mentre nei film da Tony Stark).
Bravi quasi tutti gli attori. Sornione Paul Rudd e perfettamente in parte nell'interpretare lo sfigato Scott Lang/Ant-Man. Giganteschi e carismatici come sempre Michael Douglas (Hank Pym) e Michelle Pfeiffer (Janet Van Dyne). Travolgente lo strambo Luis di Michael Peña e bravi anche i personaggi minori. L'unica nota stonata viene da Evangeline Lilly. Bella è bella, ma per lasciare il segno serve anche qualcosa in più. Poteva essere l'occasione per avere un nuovo supereroe femminile, tra l'altro l'unico a vedere il suo nome nel titolo di un film, ma la Wasp della Lilly non sfonda completamente. Non è il primo attore uscito dal successo di Lost che non è più riuscito ad affermarsi pienamente.
Vedremo come se la caverà Brie Larson a interpretare Carol Danvers nel prossimo Captain Marvel.

Intanto... eccolo!

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