mercoledì 11 gennaio 2017

Black Death – Un viaggio all’inferno

Quello di vedere in ritardo delle pellicole che sono già da tempo uscite al cinema è ormail il mio destino, ma in questo caso credo di aver superato diversi record, dato che Black Death, film famoso per la partecipazione dell’attivissimo Sean Bean (Boromir del Signore degli Anelli ed Eddard Stark del Trono di Spade) è del 2010.
Black Death è un film inglese, girato da Christopher Smith, un regista che prima di questo titolo si è occupato, più che altro, di film d’orrore, anche se molto probabilmente border line. Black Death è un film ambientato nell’Europa medievale, ai tempi di un’epidemia di peste bubbonica (da cui il titolo), probabilmente in Inghileterra, data la produzione, ma potrebbe svolgersi benissimo in Francia o in Germania. Il protagonista, al contrario di quello che potrebbe sembrare, non è Ulric, il personaggio interpretato da Sean Bean, ma Osmund, un novizio frate già pieno di dubbi, la cui avventura vissuta all’interno del film lo trasformerà completamente.
Andiamo alla trama.

Antefatto: Osmund vive in un monastero di frati cristiani che, come il resto dei territori circostanti, è stato colpito dalla peste. Per questo convince Averil, una ragazza con cui ha una relazione amorosa (l’avevo detto che era pieno di dubbi, no?) a fuggire nella vicina foresta, in cerca di un luogo libero dalla peste. Averil gli chiede di scegliere fra lei e la Chiesa e gli dice che l’aspetterà ancora due giorni in un luogo conosciuto e poi se ne andrà. Osmund resta al monastero, in cerca di un segnale divino che gli faccia decidere cosa fare.
Il segnale divino viene portato da Ulric, un cavaliere segnato da un tragico passato che compie missioni “sporche” per la Chiesa, guidato dalla sua incrollabile fede. Ulric, su mandato del vescovo, comanda una masnada di loschi figuri: reduci di guerre varie, un torturatore, un soldato definito, se non ricordo male, “ladro, assassino, stupratore, ecc., ma oltre a questo, un bravo ragazzo, un mercenario e altre “simpatiche canaglie”. L’obiettivo è trovare un villaggio, che si trova nella vicina foresta, oltre a una palude, in cui non è mai arrivata la peste e capire perché (si dice che nel villaggio risieda un negromante che richiama i morti dall’aldilà e la compagnia trasporta una sorta di “prigione-tortura” nella quale dovrà essere imprigionato). Ulric è in cerca di una guida per inoltrarsi nella foresta. Ecco il segnale per Osmund, che ha l’occasione di ritrovare la sua Averil e che si offre volontario.
L'allegra compagnia

Il viaggio stesso sarà traumatico, perché la compagnia dovrà attraversare un mondo travolto dalla peste, l’isteria della caccia alle streghe e briganti senza scrupoli prima di arrivare al villaggio, dove scoprirà (qui mi fermo con le descrizioni, altrimenti rivelo il cuore del film), con diversi colpi di scena, che la realtà non è proprio come sembrava e i risvolti saranno drammatici.
Si tratta di un film sostanzialmente storico, anche se non ho le competenze per giudicare se la ricostruzione storica sia fedele e corretta, che ci mostra un medioevo oscuro e disperato, come quello descritto dall’Illuminismo. Oggi sappiamo che il medioevo non era proprio così, ma nell’immaginario collettivo è rimasto quello. Il film ci pone anche nella condizione di non riuscire a capire chi siano i buoni. Sicuramente i buoni non sono quelli della compagnia, i cui membri, nella maggior parte dei casi, sono dei disgraziati che vivono di violenza, sotto la bandiera della Chiesa semplicemente perché la Chiasa li paga. E quindi i buoni non sono nemmeno le ottuse autorità cristiane, che reagiscono a ciò che è diverso distruggendolo. Ma buoni non sono nemmeno i pagani abitanti del villaggio. Certo, loro fanno ciò che fanno (non lo rivelo, ma si vede nel film. Basta dire che i morti non mancano…) per “difendersi”, ma, per come si comportano, non è possibile definirli buoni.
Lo stralunato Osmund
 Black Death è nel complesso un buon film, che si guarda bene, con una giusta dose di tensione e un mistero di fondo che volutamente si capisce solo alla fine. Il regista è abile a disseminare degli indizi che fanno supporre che nel villaggio avvenga qualcosa di suprannaturale, ma i dubbi non vengono svelati, fino alle scene finali. Anche gli attori fanno la loro parte. Sean Bean, che praticamente ha riciclato i costumi di Boromir ed Eddard Stark, impersona al meglio l’ambiguo Ulric. Va detto che Sean Bean ha in pieno il physique du rôle per questo tipo di personaggi (voi vi fidereste fino in fondo di un soggetto con quella faccia?). Ottimo anche Eddie Redmayne nei panni dello spaesato e pieno di dubbi Osmund, così come il resto degli attori della compagnia, il capovillaggio Hob, il cui volto è Tim McInnerny, un bonaccione minaccioso che si vede lontano un miglio che nasconde qualcosa e l’enigmatica Langiva, strega/guaritrice del villaggio, ottimamente impersonata da Carice van Houten.
Ma voi di uno così vi fidereste?
 In realtà il film ha anche qualche punto debole. Il regista ha utilizzato una ricostruzione storica più come espediente horror per la trama che per fare un vero film storico e, infatti, si è concentrato solamente su alcuni aspetti storici. La pellicola, poi, si limita a descrivere una storia ben articolata, ma fine a se stessa, senza prendere il rischio di dare giudizi su eventi storici reali (come la caccia alle streghe e l’oscurantismo cattolico). In più si vede un po’ troppo la mano horror Christopher Smith, che volutamente trae in inganno lo spettatore con alcuni eventi tipicamente da film horror, espediente utilizzato senza troppi fonzoli per alimentare i dubbi. E’ come se il regista dicesse fin da subito allo spettatore: “non pretendere di capire, le spiegazioni te le darò solo alla fine”.
Ce l’hanno messa tutta per farla sembrare una strega

Nel complesso Black Death – Un viaggio all’inferno è un discreto film che, con qualche ambizione in più, avrebbe avuto le premesse per diventare quantomeno un buon film. Certo, avrebbe anche rischiato di mancare il bersaglio. Quindi Smith ha evitato i rischi, sapendo, in questo modo, di non poter puntare troppo in alto.
Una nota sul titolo. L’riginale inglese è semplicemente Black Death. Tradotto letteralmente sarebbe la Morte Nera, nome con cui venne chiamata l’ondata di peste bubbonica in Europa verso la fine del ‘300. Sarebbe bastato semplicemente tradurre il titolo. Invece si è scelto di lasciare l’originale inglese e aggiungere un sottotitolo che non è stato pensato dall’autore del film. E’ vero che la Morte Nera è la stazione spaziale dell’Impero in Guerre Stellari (tra l’altro tradotta male, dato che l’orginale inglese era Death Star, Stella della Morte, non Morte Nera), ma siamo abbastanza “colti” da saper distinguere fra le due?

2 commenti:

  1. Visto proprio ieri sera.
    Per un un ottimo film, nella sua semplicità. Grezzo, con pochi fronzoli e sporco, sporchissimo dall'inizio alla fine. E con un colpo di scena davvero efficace. La critica io inoltre l'ho ben vista, non tanto alla Storia, quanto alle istituzioni...

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    1. Sì, alle istituzioni non c'è dubbio. Però giunta al termine, la pellicola mi ha dato un l'impressione di essere fine a se stessa

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