Auggie non ha mai frequentato la scuola
e la sua istruzione è stata affidata alla madre, ottenendo comunque dei brillanti risultati, dato che il piccolo è un bambino piuttosto preparato, soprattutto nelle materie scientifiche. Anche i rapporti sociali di Auggie sono limitati, sempre condizionati dal suo aspetto fisico, tanto che anche un normale pomeriggio al parco diventa per lui un problema. Per ora l'ostacolo è stato superato, si fa per dire, indossando un casco giocattolo da astronauta che impedisce che il suo volto venga visto.
Ma Auggie non potrà restare fuori dal mondo tutta la vita e così la famiglia e lo stesso ragazzo decidono che dovrà frequentare le scuole medie. E così, dal primo giorno della nuova esperienza scolastica, inizia la pellicola di Stephen Chbosky. Riuscirà Auggie a farsi accettare dai compagni? Il mondo che lo ospita sarà pronto a convivere con un diverso e lui sarà pronto a vivere in quel mondo?
Il film inizia con la presentazione della scuola da parte di tre futuri compagni scelti dal preside e prosegue con la descrizione delle vicende del primo anno scolastico di Auggie. Già durante la presentazione Auggie inizierà a fare i conti con Julian, un bullo che, supportato da altri compagni, lo tormenterà per tutto l'anno.
Wonder non è un film facile. Trattare la deformità e come il mondo si rapporta con essa è un tema complesso da affrontare. Si deve camminare su un sottile filo che separa, da una parte, il dramma senza speranze e dall'altro la favoletta a lieto fine e poco credibile. Ed è quello che fa il regista Stephen Chbosky (regista di Noi siamo infinito e sceneggiatore del poco riuscito Allegiant terzo capitolo dell'inconcluso Divergent) per sceneggiare insieme a Steve Conrad (L'uomo delle previsioni, La ricerca della felicità) e Jack Thorne e mettere in scena l'omonimo romanzo di R. J. Palacio, propendendo forse un po' troppo per la seconda parte, ma attraversando anche la prima. Anche perché sì, dai, la vita di un bambino come Auggie deve essere traumatica, vederlo soffrire per tutta la pellicola senza un lieto fine sabbe stato troppo e quindi si tende a perdonare a Chbosky qualche buonismo di troppo.
Già nel romanzo l'autrice ha deciso dividere il volume in varie parti che descrivono la storia dai punti di vista dei vari personaggi, scelta stilistica ripresa anche nella pellicola, con le dovute correzioni derivanti dalla trasposizione e dalle diffenze di trama fa libro e film.
L'espediente dei punti di vista, seppur molto ridotti nel film rispetto al romanzo, ci permette di rivedere la storia e rivalutare le azioni di determinati personaggi capendo che a volte certi comportamenti nascondono un intero mondo. Perché può essere semplice soffrire insieme ad Auggie, ma è significativo scoprire come ha vissuto tutta la vicenda la sorella Via o scoprire da cosa sia dettato l'inspiegabile comportamento di Miranda, personaggio negativo fino alla descrizione del suo punto di vista.
Ovviamente alla fine Auggie si rivelerà un personaggio forte, dal quale tutti dovranno imparare qualcosa, con un dramma che si trasforma in un "... e vissero tutti felici e contenti", ma in fondo a Chbosky (e alla Palacio) lo perdoniamo, perché la soluzione della trama è alla fin fine quella che tutti avremmo voluto vedere.
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