Un film italiano con gli zombie? Ma dai!
Per la verità anche il cinema italiano, quello del passato, che era preso d'esempio in tutto il mondo, ha avuto la sua esperienza con gli zombie e detiene anche un primato. Molti pensano che il primo zombie movie sia La notte dei morti viventi di George A. Romero del 1968. E invece non è così. Il primo film della storia ad aver parlato degli zombie è L'isola degli zombies di Victor Halperin con Bela Lugosi, che risale addirittura al 1932 e negli anni successivi ne sono seguiti altri, come Revolt of the zombies del 1936, sempre di Helperin e sequel del primo, Ho camminato con uno zombi del 1943 di Jacques Tourneur, La notte degli spettri e Plan 9 from outer space (considerato uno dei peggiori film della storia), entrambi del 1959 e di Ed Wood (definito il peggior regista di sempre), Mangio la tua pelle del 1964, di Del Tenney e L'orgia dei morti del 1965 di Stephen C. Apostolof tratto da un libro di Ed Wood.
Forse La notte dei morti viventi di Romero è stato il primo film sugli zombie intesi in chiave moderna, allora? Nemmeno. Il primato è appunto italiano con L'ultimo uomo della Terra, del 1964, dell'italianissimo Ubaldo Ragona (ma c'è un mistero sulla regia ed è possibile che il regista sia Sidney Salkow, come indicato nella distribuzione statunitense) e fu girato a Roma.
Pellicola ispirata al romanzo Io sono leggenda di Richard Matheson, scritto pochi anni prima, altra icona del genere. Per la verità sia il romanzo di Matheson, sia il film di Ragona/Salkow parlano più di vampiri, che di zombie, anche se le dinamiche di diffusione del contagio sono quelle dell'epidemia/pandemia zombie e infatti il romanzo ha ispirato tutti gli autori di storie "moderne" di zombie, fra cui lo stesso Romero. Successivamente di pellicole italiane ne sono arrivate altre, fra cui quelle del mitico Lucio Fulci, autore del famoso Zombi 2, considerato, anche a causa del titolo, una copia di Zombi di Romero, nonché capostipite della sua produzione di film horror che successivamente l'ha portato a essere chiamato dai critici francesi "il poeta del macabro".
E ai giorni nostri?
Bloodline di Edo Tagliavini è del 2010, mentre The end? L'inferno fuori di Daniele Misischia è del 2018, ma sono soprattutto le pellicole del passato ad essere rimaste nella storia.
Fino ad oggi, perché in mezzo ai cinepanettoni è stato girato questo ambizioso zombie movie italiano, Non mi uccidere. Non è che in Italia si facciano solo cinepanettoni e questo blog è qui a
dimostrarlo, ma purtroppo proprio queste pellicole che hanno contribuito a
svilire la produzione italiana che a un certo punto sembrava aver perso il
coraggio di osare, coraggio che, con alterni risultati, sembra essere tornato negli ultimi anni.
Qualcuno ha anche detto che Non mi uccidere è la versione italiana di Twilight. In realtà entrambe le pellicole sono state tratte da dei romanzi, uno di Chiara Palazzolo e uno di Stephenie Meyer, scritti entrambi nel 2005. Quindi Non mi uccidere, il romanzo, non nasce sull'onda di Twilight e non può avere con esso dei legami, eppure qualcuno deve averci pensato.
E non è nemmeno la prima volta che si sente parlare di Twilight con gli zombie. Proprio questo blog ospita la recensione di Warm bodies, altra pellicola che qualcuno pensò che potesse essere un Twilight con gli zombie, ma anch'essa si rivelò altro.
Comunque con Non mi uccidere qualcuno ci deve aver veramente pensato in fase di produzione a Twilight, data la scelta dell'attore maschile, Rocco Fasano, che ha una certa somiglianza con Robert Pattinson, soprattutto l'aspetto che gli è stato dato nella pellicola, così come in Warm bodies, nel quale l'attrice scelta, Teresa Palmer, aveva qualche somiglianza con Kristen Stewart.
Ma insomma, questo è un post su Non mi uccidere, ne vogliamo scrivere un po', che fino ad ora ho scritto solo di altre pellicole?
La giovane Mirta (Alice Pagani) è follemente innamorata di Robin (Rocco Fasano, appunto), di qualche anno più grande di lei, nonché un ragazzo quantomeno problematico, oltre che tossico. Un giorno Mirta vuole farsi insieme a Robin, malgrado il ragazzo non voglia coinvolgerla, facendogli promettere che per entrambi sarà l'ultima volta. Ma c'è un'altra promessa che i due ragazzi si fanno: se qualcosa dovesse andare storta, i due tornerebbero e starebbero insieme per sempre.
E così Mirta e Robin assumono quella che sembra essere una specie di eroina nera dagli occhi, richiamando la pratica dell'eyeballing che si era diffusa qualche anno fa soprattutto nell'est Europa ed entrambi muoiono per overdose.
Calma, siamo solo ai primi minuti, non sto facendo spoiler.
Ma c'è quella promessa. E infatti Mirta si risveglia ed esce dalla tomba, trovandosi in un qualche modo a essere una rediviva. Robin, invece, sembra non uscire. E qui massimo riserbo, per evitare spoiler.
E così una stralunata Mirta se ne va in giro per la sua città, scoprendo ben presto che il suo corpo inizia a decomporsi e l'unico modo per fermare e far regredire la decomposizione è mangiare carne umana viva.
Mirta scoprirà anche, grazie a Sara (Silvia Calderoni, che era una mia compaesana e da ragazzini ci conoscevamo pure!), di non essere l'unica zombie al mondo. Esistono altre persone come lei, fra cui la stessa Sara e si chiamano sopramorti. Ma i sopramorti hanno anche dei nemici, i benandanti, un'antica setta che si occupa di trovare e sterminare senza usare le buone maniere i sopramorti, per evitare che si mangino gli altri esseri umani. Insomma, i sopramorti, che sono gli zombie di Chiara Palazzolo, assomigliano forse più ai vampiri che agli zombie classici e i benandanti non sono altro che i cacciatori di vampiri. Che poi i benandanti sono esistiti veramente ed erano una sorta di protettori dei villaggi nei confronti delle streghe, nonché avevano il potere di vedere lo spirito dei morti.
Più che al fighettume di Twilight, alcuni affiancano giustamente Non mi uccidere alle sordide atmosfere di Lasciami entrare (altra pellicola a sua volta associata ingiustamente a Twilight) e in effetti i legami della pellicola italiana sono più stretti con quella svedese, ma anche qui le differenze sono importanti. Non mi uccidere è e vuole essere una pellicola per ragazzi che parla di ragazzi. La storia di Mirta e l'evoluzione del suo personaggio è chiaramente una metafora della crescita, dell'emancipazione e della trasformazione che ogni adolescente sente nel proprio corpo e nella propria mente in questa delicata fase della vita. La pellicola di Andrea De Sica (nipote del più famoso Christian, a proposito di cinepanettoni...) è quindi a tutti gli effetti un teen drama con tinte prepotentemente dark, volutamente ambientato in un mondo giovanile che il regista già ha avuto modo di esplorare. Dal 2018 al 2020, infatti, Andrea De Sica ha avuto modo di dirigere la maggior parte degli episodi della serie tv in tre stagioni di Netflix Baby, liberamente ispirata allo scandalo delle baby squillo del Parioli. E proprio da questa serie De Sica, di cui è autore anche di parte delle musiche, ha ripreso proprio le discoteche, le musiche e gli ambienti giovanili, riscrivendoli in chiave dark. E da Baby De Sica si portato anche Alice Pagani. Un bel passo avanti per il regista romano che precedentemente aveva diretto solo un altro lungometraggio, I figli della notte, nel 2017 e, a partire dal 2011, le scene live action del cartone animato Mia and me.
Sono tanti anche i cambiamenti apportati al romanzo originale di Chiara Palazzolo, soprattutto nell'ambientazione, che De Sica, insieme a Gianni Romoli (sceneggiatore di Lamberto Bava e di Ferzan Özpetek) e al collettivo Grams (già autori di Baby), ha reso molto più urbana.
Purtroppo Non mi uccidere ha anche non pochi difetti.
Sono molti i passaggi che contengono buchi logici o scene perlomeno discutibili. Senza spoilerare nulla, non sia mai, ci sono alcune trame morte. Tutta la parte della madre (Anita Caprioli), ad esempio. Molto bella la scena dell'incontro fra la rediviva Mirta e la madre, incontro che la madre non capirà mai se si tratta di un'allucinazione o di qualcosa di reale, trama che poi viene abbandonata nel proseguo della pellicola. Anche le vicende del padre (Sergio Albelli che al netto di una clamorosa risata venuta veramente male, complessivamente fa un buon lavoro, nel poco spazio a disposizione), che non rivelo per non spoilerare, avrebbero potuto generare una loro sottotrama, che viene abbandonata appena nata.
Altre perplessità sono legate all'episodio in cui Mario (Massimo Nicolini) cerca di rimorchiare Mirta in discoteca o a quello con l'amico Ago (Giacomo Ferrara). Così come restano troppo misteriosi e complessivamente fuori dalla trama i benandanti, utilizzati più che altro come espediente per inserire degli "avversari" di Mirta. Va comunque detto che il romanzo Non mi uccidere di Chiara Palazzolo è solo il primo di una trilogia scritta fra il 2005 e il 2007 e quindi tutto il non detto di questa prima pellicola potrebbe rientrare nei futuri ipotetici sequel che il finale aperto lascia supporre. Progettare una serie di film è impegnativo. Magari De Sica ha voluto vedere come andava questa prima pellicola ed eventualmente proverà a proseguire. Tralascio le altre imperfezioni, perché diventa impossibile descriverle senza fare inevitabili e fastidiosi spoiler e tutto sommato mi sembra ingeneroso dedicare troppo tempo alle critiche all'opera di De Sica.
Un giudizio positivo si può dare all'interpretazione di Alice Pagani che ho come il presentimento che sia destinata a fare parecchia strada, se non perde la retta via. Un po' meno in parte Rocco Fasano che, pur avendo il phisique du rôle per il personaggio di Robin, a tratti mi sembra un po' troppo poco coinvolto. Brava invece Silvia Calderoni, peccato solo che il suo personaggio risulti un po' troppo "buttato lì". Per gli altri solo parti minori, difficili da giudicare. Anita Caprioli il suo lo fa sempre, mentre di Sergio Albelli ho già scritto. Massimo Nicolini fa ciò che deve fare, ma forse sono il suo personaggio e la sua vicenda a essere un po' deboli. Meno efficace, invece, Giacomo Ferrara e un po' sprecato Fabrizio Ferracane, soprattutto perché la pellicola risulta fortemente incentrata sullo sviluppo di Mirta e così i benandanti da lui guidati rimangono marginali. Non è chiaro, perché non l'ho letto, se queste scelte di ignorare quasi l'ambientazione siano state fatte dagli sceneggiatori o se derivino dal romanzo di partenza.
Per concludere, mi sento di premiare questa pellicola. Non è facile trovare film come questo nella produzione italiana e spero che venga data la possibilità a De Sica di continuare a farci vedere le vicende di Mirta, Robin e Sara. Sì, lo so, chi ha visto il film mi può rimproverare di aver messo uno spoiler in quest'ultima frase. Ma tanto credo che il trailer faccia molto peggio.
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