I giorni oscuri è il secondo romanzo della trilogia zombie di Manel Loureiro, che segue il fortunatissimo Apocalisse Z. Fortunatissimo, perché il primo sperimentale e inaspettato romanzo di Loureiro, in un sottogenere ormai stantio nel quale sembrava che ormai tutto quello che si poteva dire fosse stato detto, è riuscito, con una certa originalità, a tirar fuori un ottimo romanzo.
Diciamo la verità, Apocalisse Z poteva anche dirsi un romanzo concluso. E' vero, il finale era aperto, ma a suo modo quella era una fine. Lo scrittore galiziano, invece, ha approfittato del successo e non si è fermato, sfornando due anni dopo questa seconda parte.
Avevamo lasciato i nostri protagonisti, l'avvocato senza nome e io narrante,
il pilota di elicotteri ucraino Viktor Prit Pritchenko, la bella adolescente Lucìa, suor Cecilia e il gatto Lucullo alle prese con un improbabile viaggio in elicottero verso le Canarie, uno dei pochi angoli del pianeta sopravvissuti all'arrivo degli zombie.
Loureiro evita di raccontarci tutto il viaggio e riprende la narrazione dagli eventi finali, poco prima dell'arrivo dei nostri all'agognata meta. Meta che scopriranno essere meno paradisiaca di quanto avessero sognato. Perché se è vero che la Spagna (e presumibilmente anche il resto del mondo) è diventata il regno della morte e degli zombi, le Canarie, una delle ultime roccaforti umane, si sono ridotte a un agglomerato di sopravvissuti con scarsità di risorse e parecchi problemi di convivenza. Perché quando bisogna sopravvivere, l'umanità riesce a tirar fuori i suoi istinti più brutali e meno piacevoli.
E così il nostro gruppo si divide in due.
Non sto spoilerando, è tutto scritto nella quarta di copertina!
L'avvocato senza nome e Viktor dovranno andare con una spedizione di militari a Madrid a recuperare medicinali, mentre Lucìa e suor Cecilia dovranno trovare il modo di sopravvivere nelle non certo ospitali Canarie.
Come ogni storia zombie che si rispetti, a un certo punto viene da chiedersi se gli zombie siano veramente il male o se il male non sia insito nell'umanità.
Da una parte, infatti, i due uomini dovranno affrontare migliaia di zombie, ma anche problemi interni alla spedizione e dall'altra le due donne scopriranno come non servano gli zombie per sterminare l'umanità. L'umanità è perfettamente in grado di sterminarsi da sola.
E questa volta mi fermo, altrimenti poi diventano inevitabili gli spoiler.
Uno degli elementi di originalità di Apocalisse Z era l'essere scritto in prima persona, prima come un blog e a un certo punto come un diario. Chi scrive ogni episodio (sempre l'avvocato senza nome) è sopravvissuto a quello che sta raccontando, ma non sa se sopravviverà domani. L'espediente aveva funzionato e l'ottimo stile di Loureiro si era rivelato azzeccato.
Qui, però, le cose devono per forza cambiare un po' e Loureiro decide di scrivere come cavolo gli pare, senza dover dare spiegazioni logiche. Nella prima, breve, parte del romanzo, quando i personaggi sono tutti insieme, le vicende sono narrate in prima persona dall'avvocato senza nome. Non si capisce e non viene detto se si tratti di una narrazione del passato o ancora di un diario (nel primo romanzo veniva spiegato più volte e venivano descritti gli espedienti coi quali il protagonista riusciva a scrivere). Semplicemente è così. Poi si formano i due gruppi. La trama dell'avvocato e di Prit è sempre in prima persona, mentre quella di Lucìa e suor Cecilia è in terza persona, dal punto di vista di Lucìa. Come se la ragazza avesse raccontato tutto al protagonista. Ma comunque questo non viene detto. Non manca inoltre qualche brano scritto da punti di vista (non spiegati) diversi.
Forse, anche alla luce di quanto letto nel romanzo precedente, avrei preferito un espediente, ma va bene anche così, come sempre Loureiro si rivela un ottimo narratore.
Il romanzo perde molto di ciò che aveva rappresentato l'originalità del precedente e, un po' come avviene in tutte le storie di zombie, è sempre l'inizio la parte di più interessante. Dopo un po' la storia diventa ripetitiva e non potrebbe essere diversamente, se i protagonisti sono uno sparuto gruppo di sopravvissuti in un mare di zombie che non vogliono fare altro che mangiarseli.
Però anche questa volta Loureiro dimostra di saperci fare eccome. La narrazione alterna in maniera quasi matematica gli episodi dell'avvocato e di Prit con quelli di Lucìa e suor Cecilia, con una leggera predominanza di quelli che vedono protagonisti i primi due. Ogni capitolo, in genere breve, è avvincente e termina con un piccolo colpo di scena che, tuttavia, non può essere completamente svelato subito, perché il capitolo successivo si sposta dagli altri due protagonisti e anch'esso termina con un suo colpo di scena. Viene quasi voglia di leggersi il romanzo tutto d'un fiato e questo dimostra che sicuramente Loureiro è riuscito nel suo intento.
Non manca però qualche espediente fin troppo facile che l'autore galiziano avrebbe potuto studiare un po' meglio.
Come anche nel precedente romanzo, Loureiro cede un po' sul finale, in cui tutto si chiude in maniera un po' troppo precipitosa e, forse, uno sviluppo migliore e un po' più ampio ci sarebbe stato benissimo.
Salvo il misterioso e non del tutto spiegabile epilogo, che forse capiremo nel terzo e ultimo romanzo.
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