lunedì 7 febbraio 2022

La ragazza che sapeva troppo

 


Ennesimo film sugli zombie. Evvai!
Ed ennesima rivisitazione sul tema. Perché sì, gli zombie sono uno dei sottogeneri più amati del genere horror, ma alla fine la storia è sempre quella e qualche variante bisogna pur tirarla fuori. Per la verità ultimamente il tema zombie è stato declinato in molte forme e anche questo blog ospita una certa carrellata di film di zombie in cui si è tentato di fare cose diverse, spesso anche riuscendoci. 
Ma veniamo a noi e a questo La ragazza che sapeva troppo
Questa volta la pandemia zombie non è causata da un virus, ma da un fungo, che intacca il cervello degli esseri umani. Si chiama Ophiocordyceps unilateralis e... sorpresa! Esiste veramente! È un fungo che colpisce il cervello delle formiche. Prende il controllo del corpo e le spinge ad andare in un ambiente favorevole per il suo sviluppo, dopo di ché inizia a crescere, fino a spaccare loro il capo e liberare le spore. Un vero film dell'orrore in natura. A volte la realtà sembra addirittura superare la fantasia. Andatevelo a vedere, ho messo anche il link alla pagina del sito microbiologiaitalia, che descrive chiaramente e semplicemente questo particolare fenomeno zombie reale.
 
Per la verità l'idea trae spunto da questo stupefacente fungo, ma l'autore della sceneggiatura, Mike Carey, ci ha messo del suo. Perché l'Ophiocordyceps unilateralis riesce sì a far muovere le povere formiche infettate, ma queste non diventano i classici zombie che trasmettono il virus a morsi come avviene in tutte le epidemie/pandemie zombie, cosa che invece avviene nella pellicola. In pratica Carey ha ipotizzato che il fungo faccia il salto di specie, come tutti ormai, da perfetti virologi di Facebook, abbiamo scoperto che i virus sono in grado di fare, ma oltre a questo ha pensato che oltre alla diffusione delle spore (all'inizio di spore non se ne parla proprio), il fungo si possa diffondere anche a morsi per il bosogno degli infettati di mangiare carne umana e lo faccia anche molto velocemente. Cosa che probabilmente è un po' una sciocchezza, ma diciamo che la sospensione dell'incredulità ci viene come sempre in soccorso e magari ce ne accorgiamo solo dopo aver visto la pellicola. D'altronde Carey ha scelto una causa abbastaza nuova per l'origine dei suoi zombie, gli servivano comunque i classici zombie che mordono e non si voleva limitare alle caratteristiche dell'Ophiocordyceps unilateralis, perché da che mondo è mondo gli zombie devono mordere e infettare mordendo. Che poi un'infezione zombie che si diffonde anche solo attreverso delle spore rilasciate in aria è altrettanto inquietante. Si veda The spore del 2021.
Comunque torniamo alla trama della pellicola. 
L'umanità è stata stravolta dall'arrivo del fungo e noi vediamo le gesta di alcuni superstiti che vivono in una base militare a Birmingham, in Inghilterra, nella quale si stanno studiando alcuni zombie bambini. Calmi tutti, gli zombie non fanno figli, c'è un'altra spiegazione, ma ovviamente non la rivelo. Questi bambini zombie sono quasi dei bambini normali, se non fosse per l'istinto incontrollabile di dover mangiare qualcosa di vivo quando hanno fame. E quindi è difficile vivere con qualcuno che quando gli brontola lo stomaco ti potrebbe azzannare e divorare, per cui sono dei prigionieri. La protagonista è Melanie (Sennia Nanua, credo alla prima esperienza in un lungometraggio), una di questi bambini, nonché un soggetto dalla spiccata intelligenza. 
Poi le cose andranno male, come succede in tutte le storie di questo genere in cui un gruppo di umani vive asserragliato e circondato da migliaia e migliaia di zombie che se li vogliono mangiare e un gruppo di soldati capeggiati dal Sergente Eddie Parks (il poliedrico Paddy Considine), Melanie, l'insegnante dei bambini, Helen Justineau (la brava Gemma Arterton) e la dottoressa Caroline Caldwell che li sta studiando per cercare di produrre un vaccino (nientemeno che Glenn Close) saranno costretti a scappare per cercare di raggiungere un'altra a base, attraversando il territorio zombie (ma la parola zombie non viene mai utilizzata. Qui i morti viventi vengono chiamati "famelici" o semplicemente "mostri"), dove accadranno le cose che ci si può aspettare in un film come questo, ma anche cose molto diverse.
E poi non scrivo nient'altro, dato che questa pellicola non è nuova, è uscita nel 2016 (anche se forse in Italia è arrivata solo dopo), ma non è conosciutissima, per cui spero d'invogliare qualcuno a guardarla e non gli voglio anticipare nulla. 

E dunque? 

E dunque La ragazza che sapeva troppo va alla grande! A parte il titolo che va a riprendere integralmente una pellicola di Mario Bava del 1963, capostipite dei film gialli italiani e che con questo film di Colm McCarthy non c'entra proprio nulla. Il titolo originale sarebbe The girl with all the gifts (la ragazza con tutti i doni), titolo estermamente significativo, che deriva dalle storie della mitologia greca, quella del Vaso di Pandora per la precisione, ma anche qui non scrivo altro, perché poi diventa uno spoiler. Continuo a non capire questa mania tutta italiana di rovinare i titoli dei film stranieri. O li lasciano inspiegabilmente in inglese quando sarebbe semplicissimo tradurli mantenendo lo stesso significato oppure anziché tradurli s'inventano un titolo tutto nuovo, che però va a perdere completamente il significato originario, come in questo caso.

Anche questo La ragazza che sapeva troppo è tratto da un romanzo omonimo (omonimo col titolo originale, ovviamente!) scritto da Mike Carey, famoso per lo più come scrittore di fumetti, dato che ha lavorato anche per la Marvel e la DC. Il romanzo La ragazza che sapeva troppo (anch'esso tradotto in Italia come il film) è stato scritto da Carey nel 2014 e già mentre lo scrittore inglese lo stava scrivendo stava elaborando anche la sceneggiatura di un ipotetica pellicola che poi, appena due anni dopo, è stata effettivamente realizzata. Le due opere, romanzo e film, hanno alcune differenze e nella pellicola sono stati fatti dei tagli. La riuscita della sceneggiatura probabilmente è dovuta anche al fatto che sia stata scritta proprio dallo stesso autore del romanzo. A volte capita che nella traspozione di un libro si perda un po' troppo del messaggio originale, cosa che non accade in questo caso.

Ma cosa ci dice La ragazza che sapeva troppo? Ci dice una cosa fondamentale: che tutti vogliamo vivere. E lo vogliamo fare adattandoci alle condizioni attuali del mondo in cui ci troviamo. Solo che alcuni possono farlo e altri no. Ma è un film che parla anche di idendità, dato che la scoperta della propria identità sarà il percorso di crescita intrapreso proprio dalla protagonista della pellicola. Perché fino alla fuga, Melanie ha sempre vissuto da prigioniera nella base militare e, tutto sommato, nemmeno si è resa conto di essere una prigioniera, perché tutta la vita che ha visto è sempre stata quella. Non manca qualche riflessione etica. Magari non proprio spiattellata dal regista in faccia allo spettatore, ma che viene inevitabile se si ripensa alle vicende appena viste. I bambini prigionieri sono dei mostri che la dottoressa Caldwell sta utilizzando, vivisezionandoli, per il nobile fine ultimo di trovare un vaccino contro l'infezione zombie. Ma fino a che punto questa scelta è etica? Fino a che punto il diritto alla vita degli ultimi esseri umani superstiti è superiore al diritto alla vita degli zombie di "seconda generazione", i bambini? E, per generalizzare un po' e uscire dai confini della pellicola, fino a che punto il miei diritti dovrebbero essere più importanti dei diritti di altri individui, se tutti vogliamo la stessa cosa: sopravvivere? Perché il "mostro" Melanie dovrebbe farsi vivisezionare per trovare un siero che possa salvare gli esseri umani? Non può essere Melanie a vivere e gli esseri umani non infettati a morire?

Tutti gli attori principali svolgono un buon lavoro. La piccola Sennia Nanua, con la sua maschera di protezione (per gli altri!) che si vede anche nella locandina e il vestito e la bocca regolarmente sporchi di sangue riesce a dar vita a un personaggio tenero e nello stesso pauroso. Ma bravi anche gli adulti. Sia Gemma Arterton, che impersona l'insegnante che rompe gli schemi e, affezionandosi ai bambini, inizia a vedere la realtà da un altro punto di vista. Sia Glenn Close, che è uno di quegli attori con un'esperienza tale da essere in grado di recitare praticamente qualsiasi parte. Sia, infine, il duro Eddie Parks, interpretato da Paddy Considine che è ciò che è, perché ha un passato tragico dietro le spalle.

Non mancano infine alcune scene tipicamente horror o thriller, non tantissime per la verità, comunque sempre bene fatte, anche se in alcuni casi un po' troppo prevedibili. Ma non dimentichiamo che in questo caso il costesto zombie finisce per essere solamente un pretesto. Come, per la verità, già il capostipite di queste pellicole, George A. Romero ci ha insegnato.

Fortemente consigliato agli appassionati di zombie e non solo.

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